Tre settimane fa è stato arrestato in provincia di Bari nell’ambito di un’inchiesta sullo spaccio di droga nel barese. Solo che, a quanto pare, lui non c’entra nulla con l’attività criminale contestata. L’uomo, con qualche precedente per furti e rapine risalenti a dieci anni fa, è finito in carcere insieme ad altre otto persone destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip su richiesta della Procura di Bari, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. Secondo la difesa, l’addebito sarebbe frutto di un errore di identificazione.
A confermarlo ci sarebbe anche un interrogatorio reso da un collaboratore di giustizia. La vicenda prende le mosse da indagini condotte dalle forze dell’ordine a seguito della denuncia di un imprenditore che sospettava traffici illeciti all’interno della sua azienda. Vengono intercettati telefoni, organizzati appostamenti e installati sistemi di controllo ambientale. Nel frattempo, l’uomo arrestato contatta uno degli indagati, senza alcun legame con il traffico di droga, chiedendo un incontro per ragioni estranee al reato contestato.
Dalla telefonata emerge un dettaglio che scatena l’errore: l’uomo che avrebbe trasportato due chili di droga si identifica con lo stesso nome di battesimo e soprannome dell’arrestato. La coincidenza porta gli inquirenti a individuare la persona sbagliata. Durante l’interrogatorio di garanzia, il detenuto si professa innocente e chiede di essere scarcerato. La difesa presenta istanza di scarcerazione, respinta sia dal Gip che dal Tribunale del Riesame. Si richiede allora un ulteriore interrogatorio di un collaboratore di giustizia, da cui emerge chiaramente che l’arrestato non è la persona coinvolta nei fatti: i due omonimi abitano in luoghi diversi e l’arrestato non avrebbe mai operato nel contesto geografico indicato.
Tuttavia, gli inquirenti sostengono che il collaboratore non può escludere che l’uomo possa aver trasportato droga in un’altra occasione. Sulla base di questa considerazione, il Gip, il giudice delle indagini preliminari, conferma il mantenimento della custodia cautelare. Ora il detenuto punta alla Cassazione, sperando che i giudici del Palazzaccio possano riconoscere l’errore e disporre la scarcerazione. La vicenda solleva interrogativi sulle procedure investigative e sulla possibilità di errori legati a coincidenze anagrafiche, quindi, a scambi di persone. Una vicenda questa che sa di paradossale che l’arrestato e la sua famiglia sperano che si possa risolvere nel più breve tempo possibile.










