Secondo appuntamento, questa sera, del primo Festival di Stand-up Comedy, organizzato dall’associazione Like a Jazz. A calcare il palco del Teatro Van Westerhout di Mola di Bari sarà Lorenzo Balducci, con “Allegro, non troppo”, alla scoperta di vizi e virtù della comunità LGBT, non tralasciando momenti autobiografici (il suo difficile coming out).
Dopo tanti anni di carriera, chi è Lorenzo Balducci oggi?
«Bella domanda! Dopo vent’anni di lavoro, con diverse fasi vissute, posso dire che adesso mi sento una persona che ha scoperto più di sé, sotto un punto di vista soprattutto artistico. La vita mi ha dato la possibilità di capire che ci sono più dimensioni da cogliere. È quello che ho fatto negli ultimi anni, complice anche una crisi di identità, come artista. Ho riacquistato una fiducia che avevo perso e l’ho fatto grazie anche alla commedia e alla mia identità comica».
Lato comico che ritroveremo stasera in “Allegro, non troppo”. Come nasce lo spettacolo?
«Nasce tutto da un’idea di Mariano Lamberti, regista e coautore del testo, insieme a Riccardo Pechini, che ne è l’autore. Ci siamo ritrovati tutti e tre, dopo tanti anni (avevamo girato un film insieme), e abbiamo deciso di raccontare la comunità LGBT. Mariano voleva descrivere questo mondo cercando farlo in maniera del tutto libera e senza filtri, in modo crudo, feroce, ma anche drammatico. Voleva raccontare questo universo senza autocompiacimento. Senza fare sconti a nessuno, me compreso».
Perché parlare di questa realtà?
«Mi collego proprio al titolo dello spettacolo, per rispondere. La parola gay vuol dire allegro. È ironico, quindi, il fatto che un termine, con un significato così positivo, porti su di sé una storia fatta di drammi, battaglie, repressioni e pregiudizio. Nello spettacolo si parla dell’Italia, di personaggi che hanno fatto la storia di questo movimento (LGBT n.d.r.) e di chi vi rema contro. Uno spettacolo così, nel modo più umile possibile, può essere uno spunto di riflessione per tutti, indistintamente. Ecco perché se ne deve parlare».
Quanto di te è presente in “Allegro, non troppo”?
«Direi molto. Ogni stand-up comedian, ad un certo punto dello spettacolo, punta su se stesso il riflettore. Ci sono determinati aspetti della mia vita, di cui parlo, che neanche i miei genitori conoscevano».
Omofobia.
«È cattiveria. È qualcosa che non giustifico. Cerco sempre di capire il perché delle cose, ma l’omofobia è una di quelle che condanno, senza se e senza ma».