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Draghi, Putin, la guerra, la Puglia e l’energia. Il futuro secondo Alan Friedman: «Giusto il 40% del Pnrr al Sud»

Il Pnrr protagonista del nuovo libro di Alan Friedman, “Il prezzo del futuro”, uscito lo scorso 26 aprile: 31 personaggi di primo piano del mondo della politica e dell’economia, primi ministri, ex presidenti del consiglio, economisti, manager, sindacalisti, coinvolti dal giornalista americano si sono interrogati sul futuro dell’Italia. L’87% di loro ritiene che i 220…
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Il Pnrr protagonista del nuovo libro di Alan Friedman, “Il prezzo del futuro”, uscito lo scorso 26 aprile: 31 personaggi di primo piano del mondo della politica e dell’economia, primi ministri, ex presidenti del consiglio, economisti, manager, sindacalisti, coinvolti dal giornalista americano si sono interrogati sul futuro dell’Italia.

L’87% di loro ritiene che i 220 miliardi di euro saranno spesi in parte e solo il 13% pensa che verranno spesi completamente. Un quadro desolante cui Friedman cerca di dare risposta.
Se lei fosse Draghi come investirebbe i soldi del Pnrr?
«Sono assolutamente a favore della destinazione del 40% dei 220 miliardi al sud per creare sviluppo e infrastrutture. Mi concentrerei molto anche sulle rinnovabili, ma in questo momento potenzierei i rigassificatori. Vorrei sottolinearlo: io sono assolutamente a favore del raddoppio di Tap, come proposto dal ministro per la Transizione ecologica, cosa su cui anche i populisti si sono ricreduti andando oggi, per esempio, in Azerbaigian, con il cappello in mano, ad elemosinare il gas che a noi manca. Mi fa sorridere vedere tanti politici pugliesi cinque stelle, e non solo, che erano assolutamente contrari alla realizzazione dell’opera aver cambiato totalmente posizione. Credo che abbiano fatto una pessima figura. Secondo il ministro Roberto Cingolani, che ho intervistato, in circa 18 mesi potremmo essere indipendenti dal gas russo. In questo progetto la Puglia è fondamentale. Ci sono 29 miliardi di metri cubi da sostituire. L’acquisto di gas da Algeria, Egitto, Qatar, Qatar, Stati Uniti, Canada e Libia, ci aiuta parecchio ma decisivo sarà il ruolo dei rigassificatori galleggianti per 18 o 24 mesi. Il costo non è esorbitante perché parliamo di 50 o 60 milioni di euro ciascuno. Il tap può arrivare a fornire 5 miliardi di metri cubi da solo, un sesto rispetto ai 29 miliardi di gas russo che dovremmo sostituire».
Quale crede sia il ruolo della Cina in questo conflitto?
«Chi crede che la Cina sia partner della Russia in questa guerra ha sbagliato totalmente i conti. Anche la Cina vuole la pace perché è interessata solo ed esclusivamente a fare affari e vendere. I cinesi sono più capitalisti dei capitalisti. Il conflitto mondiale quindi non può giovargli. Secondo il fondo monetario internazionale, per la Cina si prevede un 4% di crescita (in principio era l’8%), con una perdita del 4% a causa della guerra. Loro sfruttano la Russia ma non accettano questo scenario».
Crede che sia possibile un ingresso a breve nella Nato di Finlandia e Svezia?
«Non c’è dubbio che non solo questi due paesi ma che anche la Svizzera vorrebbe al più presto entrare nella Nato. Hanno paura di Putin. La Finlandia è stata invasa dalla Russia nel 1939. Hanno tenuto a bada due milioni di russi per quattro mesi, fino a gennaio del 1940, con soli 200.000 soldati. I finlandesi conoscono i russi, per questo vogliono entrare al più presto nella Nato. L’obiettivo del presidente russo che, vorrei specificare non è un folle e che non ha alcuna intenzione di utilizzare armi chimiche o nucleari, è molto più ampio dell’Ucraina stessa. Putin avrebbe invaso la Moldavia, la Polonia e tanti altri paesi perché il suo obiettivo è quello di distruggere la Nato, l’Onu, l’Occidente. Se Europa e Usa non fossero intervenuti sarebbe stata la fine».
Si può dire che Putin sia comunque lo sconfitto di questa guerra?
«Assolutamente sì, Putin perderà questa guerra che durerà però almeno un anno. Credeva in tre giorni di conquistare l’Ucraina e di poter fare una marcia trionfale a Kiev. I primi carri armati arrivati in Ucraina contenevano le divise da parata, come quelle utilizzate il 9 maggio, perché tutto era già pronto per festeggiare la vittoria. Non può arrendersi per non perdere la faccia. Ha portato ceceni e Iss in Ucraina. È un criminale di guerra. Ma non otterrà mai il Donbass perché l’America non cederà mai ai suoi ricatti».
Crede che sia corretta la politica dell’Unione Europea di indebolire fino allo stremo l’economia russa con sanzioni pesantissime?
«Diciamo che nel momento in cui tutta l’Europa sarà indipendente del gas, ma soprattutto del petrolio russo (che è più facile da sostituire rispetto al gas), pochi saranno i mesi, 3-4 presumo, in cui la Russia potrà effettivamente essere autosufficiente. Putin potrà resistere credo fino a gennaio prossimo. Se l’Italia e gli altri partner europei saranno in grado di svincolarsi dalla Russia, a tutti gli effetti, per Putin saranno giorni contati».
Crede che l’intenzione di Draghi di non candidarsi sia veritiera nonostante gli ultimi sondaggi diano il gradimento del premier oltre il 60%?
«Draghi non si candiderà. È stanco dei capricci dei partiti. Porterà a termine il suo compito ma non scenderà nella competizione elettorale. Draghi e Macron sono i centravanti dell’Unione. Due leader carismatici, con idee chiare, che stanno gestendo Italia e Francia in un periodo delicatissimo. L’obiettivo comune è sconfiggere Putin, contro ogni forma di populismo e demagogia».

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