Da oggi anche per andare dal parrucchiere, dal barbiere, dall’estetista e in qualsiasi centro di servizi di cura alla persona bisogna esibire il green pass. Basta però quello base, ovvero la carta verde ottenibile dopo un tampone negativo. Dal primo febbraio l’obbligo scatterà anche per accedere ai pubblici uffici, come a tutte le attività commerciali, escluse quelle di prima necessità. Ecco la nuova stretta, dopo la decisione dell’obbligo di green pass rafforzato per salire su tutti i mezzi di trasporto, aerei, treni, navi, pullman, autobus e metropolitane, ma anche per accedere a piscine e palestre, alberghi, fiere, cerimonie, entrare in bar e ristoranti anche all’aperto.
La stretta in vigore dal primo febbraio prevede che il green pass da guarigione o da vaccino durerà sei mesi con effetto retroattivo (significa che il certificato di chi è guarito o ha ricevuto la somministrazione da più di 180 giorni scadrà). Scatta inoltre la sanzione di cento euro per gli over 50 che non hanno ancora ricevuto la prima dose. I lavoratori pubblici e privati con 50 anni di età dovranno quindi fare almeno la prima dose perché dal 15 febbraio sarà necessario il green pass rafforzato per l’accesso ai luoghi di lavoro fino al 15 giugno.
Nulla cambia, invece, per chi possiede già un green pass rafforzato: le persone guarite o vaccinate potranno infatti accedere in tutti i luoghi e muoversi senza restrizioni, a patto che la certificazione non abbia superato i sei mesi di validità.
Naturalmente gli esercenti sono sul piede di guerra. Specialmente quelli coinvolti dalle novità in vigore da oggi. «Siamo quasi in lockdown: un’attività su due lavora al minimo, per carenza di personale e per la riduzione netta della clientela» spiega il presidente nazionale di Confesercenti immagine e benessere, Sebastiano Liso. «Lo stesso vale per i centri estetici. Questo, unito ai costi di mantenimento dei dipendenti e delle strutture, sta mettendo in ginocchio il nostro settore che, da inizio pandemia, ha perso oltre il venti per cento delle imprese». La situazione è quindi molto critica per tutto il comparto che chiede «aiuti concreti allo Stato, perché senza dipendenti e con clientela dimezzata, per paura del contagio, non resta altro da fare che abbassare la saracinesca, agevolando chi lavora in nero».