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Vent’anni sempre dalla parte degli ultimi, l’Abfo di Taranto premiata da Mattarella

A Taranto l'Abfo, associazione benefica Fulvio Occhinegro, è qualcosa di più di una succursale dei servizi sociali. Una realtà che da pochi giorni ha compiuto vent'anni, diventata un punto di riferimento per centinaia di famiglie. Chi ha bisogno sa che basta una telefonata per mettere in moto la macchina gioiosa della solidarietà. E viceversa. Ogni…
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A Taranto l’Abfo, associazione benefica Fulvio Occhinegro, è qualcosa di più di una succursale dei servizi sociali. Una realtà che da pochi giorni ha compiuto vent’anni, diventata un punto di riferimento per centinaia di famiglie.

Chi ha bisogno sa che basta una telefonata per mettere in moto la macchina gioiosa della solidarietà. E viceversa. Ogni volta che Abfo lancia una campagna sociale, che sia una raccolta di fondi per i senza fissa dimora o per regalare un ingresso allo stadio ai bimbi che non possono permetterselo, immediatamente il meglio della città risponde con entusiasmo. Merito della serietà e dell’innata capacità di coagulare bontà della famiglia Occhinegro. Andrea, Fiorella, Eleonora e Valentina, gli eredi del compianto medico oculista Fulvio, che dopo la morte del papà hanno deciso di trasformare il dolore in voglia di fare qualcosa per le persone meno fortunate.

L’undici marzo del 2005 erano pochi volontari ad aiutare tre o quattro famiglie che vivevano in condizioni precarie. «Conoscemmo nuclei familiari di 6-7 persone che vivevano in monolocali di 30 metri quadri, coi bambini che dormivano sui tramezzi, su reti senza materassi e con l’acqua che cadeva dal tetto» ricorda i tempi eroici Andrea Occhinegro, che nel 2023 ha ricevuto dal Presidente Mattarella l’onorificenza di ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana “per il suo contributo nell’organizzazione di iniziative di solidarietà per ridurre il disagio sociale grazie a una rete capillare e al coinvolgimento di figure professionali”.

In poco tempo l’Abfo si è trasformata in una “macchina da pace”, che oggi a Taranto gestisce un centro h24 per persone senza fissa dimora e segue circa 450 famiglie che ricevono settimanalmente aiuti alimentari, indumenti, servizi di doposcuola per i bambini, visite mediche e ogni altra forma di aiuto possibile. Mentre a Malindi, in Kenya, ha costruito una scuola.

I volontari

I ragazzi dell’Abfo si sono presto dotati di un furgone con cui fare le ronde di notte alla stazione e in altri luoghi di ritrovo per senza fissa dimora, a cui portare coperte e un pasto caldo. L’Abfo è diventata un melting pot che raccoglie le storie difficili, coraggiose e cariche di umanità di tanti clochard. La solidarietà, raccontano tanti che hanno “prestato servizio” in Abfo, è terapeutica e l’altruismo è contagioso. Molti raccontano di aver superato momenti difficili spostando semplicemente l’attenzione sul prossimo, facendo del bene. Nel centro di solidarietà, organizzato in un’ex scuola alla periferia della città, Abfo nel tempo ha realizzato un poliambulatorio medico specialistico dove medici volontari effettuano visite gratuite, una palestra per i giovani ed anche una mensa sociale. L’hashtag è «se vince l’Abfo vince tutta la città».

Papà e figli allo stadio

I tarantini hanno un legame fortissimo con la loro squadra di calcio. Ascoltando le storie , di papà costretti a fare 3-4 lavori precari per sbarcare il lunario e a stare sempre lontano dai figli, nel 2019 Abfo ha raccolto i fondi per comprare decine di abbonamenti alla stagione del Taranto calcio per famiglie con difficoltà socioeconomiche. Con l’iniziativa “Un abbonamento per il sociale” sono stati tanti i tarantini fuorisede, attraverso il tam tam in rete, a regalare l’opportunità a papà e figli di trascorrere un paio d’ore di sport la domenica «al campo», come si dice a Taranto.

Le emergenze

Anche nella calda Taranto certe volte l’inverno si fa sentire. Abfo da anni aiuta chi dorme all’aperto. «Con molti di loro è nato un rapporto di stima e amicizia e anche di rispetto direi», racconta Andrea Occhinegro. «Conosco, ad esempio, un senza dimora che percepisce anche il reddito di cittadinanza e potrebbe avere un tetto ma la sua è una scelta di vita. Ha deciso di vivere per strada e non ne vuol sapere di cambiare idea. Nel nostro centro è attivo da tempo un progetto di housing sociale dove vive una decina di ex senza fissa dimora. Convivono e partecipano ad attività lavorative e progetti di reinserimento sociale». L’emergenza sicuramente più difficile da affrontare è stata la pandemia. «L’emergenza sanitaria – racconta ancora Occhinegro – ha colpito ancora più duramente famiglie che già vivevano alla giornata. Costrette in casa per mesi, hanno perso la possibilità anche di un piccolo guadagno quotidiano e sono diventate invisibili, in difficoltà perfino nel fare la spesa per sopravvivere». La macchina della solidarietà non si è fatta trovare impreparata nemmeno dal Covid. È nata la «spesa sospesa». In pochi giorni Abfo ha raccolto decine di migliaia di euro e le famiglie in difficoltà hanno ricevuto buoni spesa da utilizzare nei market sotto casa, in modo da aiutare anche l’economia di vicinato. E per chi non poteva uscire, c’era anche un servizio di consegna a domicilio.

Il dono più grande

Ogni anno a Natale i volontari Abfo raccolgono giocattoli per bimbi e bimbe che vengono consegnati da Babbo Natale. I bimbi scrivono i loro desideri nelle letterine e poi i donatori scelgono il dono per il bimbo o la bimba da fare felice. Ma il regalo più grande, probabilmente un record nazionale, lo ha avuto Ludovica. Scrisse nella sua lettera a Babbo Natale che voleva la casa dei sogni per la sua famiglia. E come in un film di Natale, qualche anno dopo il miracolo si è realizzato. Abfo ha ricevuto in donazione da una famiglia tarantina, che ha voluto restare anonima, una casa e l’ha data ad Anna, la mamma di Ludovica e di altri tre figli, due ragazze e un maschietto, che rischiavano di finire in mezzo alla strada per lo sfratto. Dopo una vita trascorsa facendo piccoli lavoretti di pulizie per tirar su quattro ragazzi da sola, Anna non credeva ai suoi occhi quando in lacrime ha girato per la prima volta la chiave della sua nuova casa. «Anna si è sempre data da fare. Ha consentito ai suoi figli di studiare e vivere decorosamente», racconta Occhinegro. «Quando ha avuto bisogno ci ha chiesto una mano ed ha ricambiato con la sua presenza in associazione, aiutando come poteva. Sembra ironia del destino, ma quando siamo andati dal notaio, la piantina dell’appartamento assomigliava tanto al disegno che la piccola Ludovica aveva fatto anni prima chiedendo con infinita dolcezza a Babbo Natale una casa grande per la sua famiglia».

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