Matteo, vent’anni anni, dopo la scuola ha fatto qualche esperienza nel mondo del lavoro. Gabriella di anni ne ha 18 e frequenta l’ultimo anno delle superiori. Le loro sono alcune delle testimonianze raccolte nell’ambito del questionario “Incazzati a nero”, che già dallo scorso mercoledì circola on line, realizzato dalla Rete studenti medi di Taranto, Martina Franca e Cisternino e presentato ieri alla Cgil. «Ho iniziato a fare il promoter per una compagnia telefonica nella galleria di un ipermercato. Ci sono arrivato dopo aver fatto il colloquio su internet, durato 5 minuti, nel quale non mi hanno chiesto neanche che titolo di studio avessi. Mi hanno assunto ma non ho mai letto il contratto» racconta Matteo. «Dopo cinque mesi il contratto non è arrivato e non ho mai saputo neanche per chi ho lavorato. Non sapevo neanche a chi chiedere i soldi». Dopo la spiacevole esperienza Matteo si è iscritto a Giurisprudenza e lavora come rider. Sogna di fare l’avvocato. Sono tante le storie di sfruttamento, di ragazzi che non conoscono i loro diritti mandati allo sbaraglio raccolte in questi giorni. Gabriella, ha fatto la sua prima esperienza la scorsa estate. Voleva lavorare e magari, mettere qualcosa da parte per mantenersi agli studi. «Mi hanno assunto per uno street food. Ho firmato il contratto senza vederlo e soltanto dopo ho scoperto essere un contratto a chiamata, che prevedeva quattro ore di lavoro al giorno mentre ho lavorato tutti i giorni, ininterrottamente, dal pomeriggio fino a tarda notte. Mi occupavo delle pulizie e anche della preparazione e della vendita dei panini. Come prima esperienza nel mondo del lavoro devo dire che è stata molto deludente. Mi sono sentita tradita, imbrogliata e sfruttata». Dopo la maturità, Gabriellaha deciso che andrà a studiare criminologia a Milano e poi sogna di lavorare all’estero. Il racconto dei due giovani è eloquente e secondo i dati raccolti disegna un quadro sconfortante. La metà dei ragazzi intervistati dichiara di voler andare via da Taranto, perché manca lavoro e per i rischi per la salute. Il 40 per cento pensa addirittura di andare all’estero, solo uno su dieci vuole rimanere nella sua città. I dati emersi dal questionario messo online da Rete Studenti Medi sono ancora parziali. La metà dei ragazzi ha risposto di non sapere cosa sia un sindacato e soprattutto di cosa si occupa. Tante le testimonianze di soprusi e violenze: «mi hanno preso a schiaffi e mi hanno sequestrato il telefono» e ancora «ho lavorato in Italia come stagionale e ho subito violenza, ho denunciato», «il titolare mi chiamava amore e faceva battutine sul mio corpo». Accanto ai giovani si è schierato il segretario della Ccgil Taranto, Giovanni D’arcangelo. «Siamo disponibili a un confronto e a una collaborazione che parte dalla necessità di fornire loro una sorta di cassetta degli attrezzi per potersi difendere dallo sfruttamento e dal precariato. Tra i primi dati emersi dal questionario c’è un 36 per cento che ha lavorato per più di otto ore al giorno e prevalentemente a nero. Alcuni hanno firmato un contratto senza vederlo. Spesso sono obbligati a lavorare a nero o sfruttati all’osso, per necessità familiari, per dare una mano ai genitori in difficoltà».