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Tavolo con i sindacati per il futuro dell’ex Ilva: Confindustria vuole esserci

Non si placano le polemiche sul futuro della siderurgia italiana, legato a doppio nodo agli impianti del gruppo ex Ilva. Venerdì i sindacati metalmeccanici incontreranno di nuovo il governo per fare il punto sulla crisi del siderurgico. Nel dibattito intervengono ora Confindustria e Confartigianato. Il presidente degli industriali tarantini Salvatore Toma rivendica la partecipazione al…
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Non si placano le polemiche sul futuro della siderurgia italiana, legato a doppio nodo agli impianti del gruppo ex Ilva. Venerdì i sindacati metalmeccanici incontreranno di nuovo il governo per fare il punto sulla crisi del siderurgico. Nel dibattito intervengono ora Confindustria e Confartigianato. Il presidente degli industriali tarantini Salvatore Toma rivendica la partecipazione al tavolo del governo. La parola chiave, per gli industriali, resta decarbonizzazione, tecnologie più pulite, investimenti strutturali e una visione strategica che coniughi sviluppo, salute e sostenibilità.

«La complessità del quadro impone una partecipazione più ampia e strutturata» e per questo Confindustria chiede di essere presenti al tavolo delle trattative, «perché il momento è decisivo per l’intera economia del territorio». Gli industriali ionici chiedono chiarezza sulle risorse da investire e ritengono la partecipazione dello Stato «un passaggio indispensabile almeno nella prima fase della transizione verso le nuove tecnologie».

La cordata italiana

Secondo Confartigianato «qualsiasi soluzione estera sarebbe al ribasso ed ora serve una cordata italiana». Per l’associazione «la priorità non è galleggiare ma decidere chi guiderà il futuro dell’acciaio italiano» e se Taranto debba essere «davvero il cuore strategico di questa prospettiva». Per il segretario generale dell’associazione Fabio Paolillo, «se i grandi gruppi industriali italiani non ci credono, perché dovrebbero farlo gli stranieri». Confartigianato si rivolge direttamente al governo, chiedendo un segnale chiaro che confermi investimenti su Taranto. Ora si chiede un’operazione verità anche sull’occupazione.

«Con l’attuale dotazione nessun acquirente serio si farà avanti», dice l’associazione, mentre le stime parlano di migliaia di esuberi. Preoccupano inoltre i segnali di spezzatino degli impianti, che rischia di lasciare a Taranto una carcassa. Per l’associazione, l’unica soluzione è il controllo nazionale, insieme a investimenti vincolati su ambiente e sicurezza e una ripartenza dell’indotto aperta e trasparente.

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