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Taranto “zona di sacrificio”, una città da proteggere – L’EDITORIALE

Il procuratore della Repubblica di Trani, Renato Nitti, intervenendo al TedX di Verona qualche giorno fa, ha puntato l’attenzione contro i crimini ambientali ricordando che Taranto - fra le città italiane - è la più piagata. Tanto da entrare di diritto (la sola in Italia) nelle «zone di sacrificio dei diritti umani» (sacrifice zones) censite…
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Il procuratore della Repubblica di Trani, Renato Nitti, intervenendo al TedX di Verona qualche giorno fa, ha puntato l’attenzione contro i crimini ambientali ricordando che Taranto – fra le città italiane – è la più piagata. Tanto da entrare di diritto (la sola in Italia) nelle «zone di sacrificio dei diritti umani» (sacrifice zones) censite dal Consiglio dei Diritti umani delle Nazioni Unite già nel 2022, per le conseguenze devastanti cui sono sottoposti coloro che vivono in una zona così altamente contaminata.

La questione è tornata alla ribalta in queste ore, sollevata nuovamente dal procuratore. Queste zone vengono definite aree dove i diritti fondamentali come salute, ambiente pulito, dignità e partecipazione sono sacrificati per profitti economici, creando «macchie sulla coscienza collettiva» attraverso la collusione tra governi e imprese e colpendo persone sfruttate e trattate come «usa e getta».

Una macchia indelebile: una sorta di «lettera scarlatta» cucita addosso alle amministrazioni che nelle varie stagioni politiche si sono succedute in quella città. Quella fabbrica – che simboleggiava l’emancipazione di un’economia rurale verso quella industriale in un’epoca in cui l’ecologia non rappresentava un orizzonte politico e civile – si è rivelata una megalopoli di morte, lasciandosi alle spalle solo macerie.

Oggi la strada pare obbligata: bonificare, riconvertire con una presenza forte ed attiva di quello stesso Stato che la fabbrica dell’acciaio ce l’ha portata a Taranto. Troppo facile sarebbe salutare ed uscire di scena solo con un: scusate, non sapevamo e abbiamo sbagliato. O affidarla ad acquirenti che ne farebbero uno «spezzatino» fino a cancellare del tutto la fabbrica siderurgica dal mercato, lasciandosi alle spalle terreni inquinati e deserto occupazionale. Troppo facile rispetto alle lapidi affisse sui muri dei Tamburi che censiscono e certificano dal basso il disastro e il dolore. D’altra parte è lo stesso Rapporto delle Nazioni Unite a far notare che «le zone di sacrificio rappresentano la peggiore negligenza immaginabile dell’obbligo di uno Stato di rispettare, proteggere e realizzare il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile».

Proteggere. Ecco la parola chiave per Taranto: proteggere i cittadini e la città. Quello che uno Stato dovrebbe fare. Cosa vuole farne, allora, lo Stato di quel sito industriale, la più grande fabbrica dell’acciaio d’Europa? Non sarebbe ora di chiudere l’area a caldo e pensare ad una riconversione totale come è già accaduto in altre zone d’Europa di cui da anni si discute e che sono sopravvissute alla deindustrializzazione? E questo benedetto Sud quanto deve ancora patire le scelte di una politica disattenta alle sorti dei cittadini e sopportare il prelievo forzoso di danari europei destinati allo sviluppo del Mezzogiorno e dirottati altrove? In questa grande sfida si misurerà la capacità della classe dirigente che si appresta a prendere il comando della Regione.

Sarà opportuno, allora, che le scelte della politica tengano in conto non il manuale Cencelli, per evitare incursioni piratesche, ma reali capacità di governo. Occorrono uomini e donne capaci e preparati, in grado di contrattare e battere i pugni. Una task force per Taranto con economisti di rango ed un piano di sviluppo concreto e fattibile con date e tappe certe: quella città va tirata fuori dalle secche in cui è stata spinta. Chi scrive ci ha vissuto per anni apprezzando la bellezza della costa e delle aree interne, il fascino delle gravine e la storia ricca di suggestioni. Taranto deve rinascere e questo giornale ne seguirà attentamente le sorti ora per ora e renderà conto delle scelte ai propri lettori.

L’informazione è una preziosa alleata su cui i cittadini possono contare.

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