La corsa verso le elezioni amministrative della prossima primavera inizia a entrare nel vivo. Se il centrosinistra, ad oggi, appare coeso a sostegno dell’ex sindaco Rinaldo Melucci, il centrodestra è ancora alle prese con la definizione della coalizione. Tra gli attori più attivi in queste ore c’è Dario Iaia, sindaco di Sava ma soprattutto coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia.
Sindaco, sabato avete fatto un incontro del centrodestra allargato ad alcune realtà civiche. L’Udc si è già smarcato. C’è troppa sinistra?
«Non mi risulta. Mi dispiace per l’Udc ma la nostra è una coalizione che parte da Fratelli d’Italia, la Lega e Forza Italia, l’asse portante del centrodestra. Non c’è stato alcun “assorbimento” nel centrosinistra, semplicemente stiamo dialogando con una serie di realtà civiche».
Tra queste c’è la neonata associazione dell’ex presidente dell’ordine degli avvocati Egidio Albanese, “La voce di Taranto”. Potrebbe essere lui il candidato sindaco?
«Non abbiamo ancora parlato di nomi. Potrebbe essere una personalità espressione dei partiti ma anche che arrivi dal mondo civico. Abbiamo una rosa variegata».
Ha fatto discutere anche il coinvolgimento del presidente della Provincia, Giovanni Gugliotti, e del suo “Patto per Taranto”. Lo sa che anche lui ambisce alla candidatura…
«Decideremo in maniera democratica. L’unica cosa che mi sento di dire è che troveremo un candidato in grado di rappresentarci tutti, competente e inattaccabile da tutti i punti di vista».
Quando parla di democrazia esclude il ricorso alle primarie?
«È troppo tardi, non c’è il tempo per organizzarle».
Secondo fonti romane spetterebbe proprio a Fratelli d’Italia la scelta del candidato a Taranto. Le risulta?
«Assolutamente no. Ci sono al nostro interno personalità di rilievo in grado di candidarsi ma non abbiamo ricevuto indicazioni da Roma. In questi giorni stiamo mettendo le basi per evitare che il Comune di Taranto possa tornare nelle mani di Melucci».
Uniti contro un nome.
«Contro un modo di amministrare. La sua è stata una guida monolitica dell’ente. È stato poco democratico».
In che senso?
«Non solo non ha coinvolto l’opposizione nell’attività di governo ma neanche la sua maggioranza che, infatti, l’ha sfiduciato. Poi ha mostrato troppa sudditanza verso Bari».
Emiliano?
«Esatto. Il governo della città era subordinato a lui. Aveva scelto anche il vice sindaco (Rocco De Franchi, ndr)».
Non è durato in carica molto, però.
«C’è stata una fase in cui Melucci ha provato a liberarsi del vincolo con il presidente della Regione, avvicinandosi a Calenda. La mossa, però, non l’ha agevolato e ha preferito tornare sui suoi passi».










