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Taranto, transizione ex Ilva diventi progetto pilota per un nuovo sistema di welfare

Il futuro dell’ex Ilva e soprattutto di tutta la forza lavoro al centro di incontri e dibattiti. Presentato ieri mattina un progetto per dare un futuro concreto ai tanti dipendenti, cassaintegrati e indotto organizzato da Europa Verde-Alleanza e Sinistra, ospitato al centro polivalente Paolo VI dei Tamburi, dal tema ”Lavoro, salute e giustizia sociale: un nuovo futuro per i lavoratori ex-Ilva, fuori dal ricatto salute-lavoro”.

Hanno preso parte esponenti di tutti i sindacati, esperti di politiche del lavoro, istituzioni locali, Gregorio Mariggiò e Rosa D’Amato di Avs che ha dichiarato: «L’obiettivo è uscire una volta per tutte dal ricatto tra salute e lavoro, mettendo al centro le persone e il loro diritto a un futuro dignitoso in una città libera dall’inquinamento».

La prospettiva

Una soluzione potrebbe essere un sistema di welfare nazionale «con fondi che si occupano di politiche attive del lavoro come i Feg e Jtf 2.7 per corsi di formazione mirati a lavorare nell’ambito dell’economia circolare, un sostegno per l’auto imprenditorialità, il prepensionamento, l’incentivo a ritirarsi con una indennità, in base all’età, all’esposizione all’amianto, ad un lavoro usurante. Un progetto teso a scongiurare altri venti anni di cassa integrazione combinando tutti i fondi messi a disposizione dall’Unione Europea» annuncia D’Amato. Al termine dell’incontro è stato deciso di aggiornarsi per fare richiesta alle istituzioni locali affinché si facciano portavoce al Governo per intercettare i fondi europei.

Sul medesimo tema interviene Fabio Paolillo, segretario generale di Confartigianato, che chiede chiarezza: «Così com’è, lo stabilimento non lo vuole nessuno. E nessun investitore, oggi, è disposto a mettere le risorse necessarie per decarbonizzare un impianto obsoleto e, allo stesso tempo, mantenerne le attuali dimensioni e livelli occupazionali. Allora con quali soldi e con quali tempi, si farà davvero questa transizione? La riconversione industriale comporterà oltre cinquemila lavoratori da ricollocare. La vera sfida è gestire questa transizione sociale con strumenti seri, non improvvisati».

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