Nel Golfo di Taranto, dal 2018 al 2024, si sono registrati oltre 1.200 avvistamenti di cetacei, 641 dei quali dopo l’entrata in funzione del parco eolico offshore. Dato che dimostrerebbe come la struttura per la produzione di energia e gli animali siano compatibili nell’area marina.
È quanto emerge dalla ricerca “Energia rinnovabile e conservazione marina. Il case study dell’impianto Beleolico di Taranto“, presentata oggi da Goletta Verde di Legambiente insieme a Jonian Dolphin Conservation, su commissione di Renexia.
Stando, dunque, allo studio di Legambiente, gli impianti di eolico offshore possono essere compatibili con la vita marina. Per l’associazione occorre investire di più sulle rinnovabili e uscire dalla dipendenza dalle fossili.
Tra le specie osservate figurano la stenella striata, tursiope, grampo, capodoglio e zifio (Ziphius cavirostris), quest’ultima tra le più elusive del Mediterraneo.
La stenella striata, spiegano i ricercatori, è stata osservata nel 2024 più vicina all’impianto rispetto al passato; per tursiopi e grampi, invece, non ci sono variazioni significative nella distanza dagli aerogeneratori.
Lo studio, unico nel suo genere, «rappresenta un primo passo per coniugare transizione energetica e tutela della biodiversità marina», afferma Francesca Cornelia Santacesaria, responsabile scientifica di Jonian Dolphin. La metodologia adottata è quella statistica Baci (Before-after control impact).
Legambiente sottolinea l’urgenza di accelerare sul fronte delle rinnovabili. «La Puglia ha un potenziale enorme, ma sconta un ritardo di 174 MW», spiega Daniela Salzedo, presidente Legambiente Puglia. «Servono – precisa – da 3 a 10 nuovi parchi eolici per rispettare i target al 2030».