Si è concluso con la condanna a un anno e quattro mesi – con pena sospesa e non menzione – il processo che vedeva imputato Massimo Giove, imprenditore e proprietario del Taranto calcio, per calunnia nei confronti dei vertici della Banca popolare pugliese (Bpp).
Contestualmente, è stata assolta per non aver commesso il fatto Anna Albano, coimputata nel procedimento.
La vicenda trae origine da una querela presentata da Giove nei confronti dei manager della Bpp, accusati di usura, appropriazione indebita e truffa.
In particolare, Giove aveva sostenuto che la banca avrebbe preteso e ottenuto dalla sua società, Enetec, il versamento di 200mila euro per velocizzare una pratica di mutuo, con la contestuale sottoscrizione di moduli in bianco. L’imprenditore aveva inoltre denunciato, circostanza ritenuta falsa dagli inquirenti, che tale somma non sarebbe stata restituita ma utilizzata per costituire un pegno di obbligazioni Bpp.
È stata «smentita tutta la ricostruzione compiuta da Eentec e dai suoi legali rappresentanti». Inoltre, era stata contestata la sussistenza di interessi usurari, ma le verifiche hanno appurato che «i tassi effettivamente applicati nel corso del rapporto non hanno mai superato i tassi soglia».
Il Tribunale ha accolto la tesi accusatoria, ritenendo infondate le accuse mosse da Giove e condannandolo per calunnia. Oltre alla pena detentiva sospesa, l’imprenditore dovrà risarcire il danno alle parti civili, quantificato in separata sede.
La motivazione della sentenza sarà depositata entro 90 giorni, dopodiché la difesa di Massimo Giove potrà valutare se presentare ricorso in Appello.