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Taranto, il carcere è sovraffollato: le detenute chiedono dignità

La situazione all'interno del penitenziario tarantino è diventata ancora più insostenibile, anche per le detenute della sezione femminile, che ieri hanno ricevuto la visita di una delegazione del Movimento cinque stelle, guidata dal senatore e vice presidente del movimento, Mario Turco. «Chi sta scontando una pena si ritrova a sopravvivere in condizioni disumane, in una…

La situazione all’interno del penitenziario tarantino è diventata ancora più insostenibile, anche per le detenute della sezione femminile, che ieri hanno ricevuto la visita di una delegazione del Movimento cinque stelle, guidata dal senatore e vice presidente del movimento, Mario Turco. «Chi sta scontando una pena si ritrova a sopravvivere in condizioni disumane, in una condizione d’emergenza che si è cronicizzata in modo alquanto preoccupante», dice Turco. «Se è vero che “chi sbaglia paga”, è anche vero che la pena deve essere scontata in maniera dignitosa e puntare alla rieducazione e al reinserimento sociale del reo.

Invero, i detenuti vivono quotidianamente uno stato di marginalità sociale, che ha condotto l’anno appena trascorso a segnare un record nero di suicidi nelle carceri italiane e che, purtroppo, ha coinvolto anche il personale penitenziario, costretto a lavorare in ambienti insicuri e indecenti. La delegazione ha incontrato il direttore Luciano Mellone, il dirigente di polizia penitenziaria Bellisario Semeraro e donato alcuni regali destinati ai bambini delle detenute.

Le critiche al governo

Per Turco «il governo è completamente assente: il decreto Carceri non risolve il sovraffollamento e non inverte la rotta del sottodimensionamento del personale di polizia penitenziaria, amministrativo e sanitario.

Il caso Taranto

Quello del “Magli”, per il M5s è una vera e propria emergenza nazionale: nella casa circondariale ionica è detenuto il doppio della capienza, circa 950 persone, con una carenza del personale del 30% circa rispetto all’organigramma previsto in condizioni di normalità. A ciò si aggiungono le numerose lacune in tema infrastrutturale. «Puntiamo sul “dopo” – dice Turco – poiché dai colloqui con le detenute è emersa l’enorme difficoltà di affrontare la libertà al termine della pena, nell’ottica del reinserimento nella società civile anche attraverso precorsi di formazione e lavoro. L’emergenza più grande riguarda i figli delle recluse, che pagano lo scotto di un mancato reinserimento sociale anche sulla propria pelle».

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