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Mafia, estorsioni ad albergatori e gestori di lidi nel Tarantino: quattro arresti, 11 persone indagate – VIDEO

Estorsioni precedute da intimidazioni, consistite principalmente nell’incendio delle auto delle vittime, individuate in imprenditori attivi in diversi settori economici, tra cui quello ricettivo (lidi balneari e strutture alberghiere della fascia costiera), oltre a varie attività commerciali. È quanto hanno accertato i carabinieri di Taranto che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura salentina in coordinamento con quella del capoluogo ionico.

Sono complessivamente 11 gli indagati, quattro dei quali sono stati arrestati. Nei loro confronti sono state anche eseguite perquisizioni. Le accuse, a vario titolo, sono di estorsione pluriaggravata, incendio pluriaggravato, e intralcio alla giustizia, tutti commessi con metodo mafioso, porto di armi da sparo e relative munizioni, evasione continuata ed esercizio abusivo della professione.

L’operazione, denominata Argan, arriva a conclusione di indagini avviate a ottobre 2023 e che si sono concluse a settembre scorso.

Azioni pianificate in ogni dettaglio

Stando a quanto emerso numerosi imprenditori della provincia di Taranto sarebbero stati costretti a versare ingenti somme di denaro, anche con cadenza periodica. È emerso, in particolare, che le azioni intimidatorie non fossero estemporanee, ma pianificate accuratamente: prima di appiccare il fuoco ai veicoli, gli indagati effettuavano sopralluoghi vicino alle abitazioni e ai luoghi di frequentazione abituale delle vittime, studiandone le abitudini, verificando l’eventuale presenza di sistemi di videosorveglianza e individuando il momento più idoneo per colpire, così da massimizzare l’effetto minaccioso e ridurre il rischio di identificazione.

Nel corso delle indagini è stato accertato, inoltre, che il gruppo criminale si sarebbe procurato armi da fuoco, successivamente utilizzate per la commissione di alcuni dei reati contestati. In questo contesto si inserisce un episodio che ha visto protagonista uno degli indagati, il quale avrebbe esploso alcuni colpi di pistola a seguito di un banale incidente stradale, solo per intimidire l’altro automobilista coinvolto e indurlo a desistere dal contattare le forze dell’ordine per la constatazione del sinistro.

Un imprenditore costretto a licenziare un dipendente

Un 54enne coinvolto nell’operazione avrebbe imposto a un imprenditore di licenziare un proprio dipendente, sotto la minaccia di gravi ritorsioni. L’uomo, con precedenti per omicidio, traffico di stupefacenti e associazione finalizzata alle estorsioni, è ritenuto la figura centrale dell’indagine.

Anche se in carcere e successivamente sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, avrebbe continuato a dirigere e coordinare le attività illecite del gruppo criminale, avvalendosi di una fitta rete di collaboratori fidati e mantenendo contatti costanti con l’esterno. In alcune conversazioni intercettate, le vittime hanno manifestato un evidente stato di assoggettamento psicologico e intimidatorio, arrivando a definire l’indagato “un uomo d’onore“.

Sono emersi anche episodi di intralcio della giustizia, che sarebbero avvenute nel corso di procedimenti penali a carico del 54enne.

Per l’imposizione all’imprenditore circa il licenziamento del dipendente, l’uomo venne arrestato a novembre 2023. Secondo quanto ricostruito, prima dell’inizio del processo, la vittima sarebbe stata avvicinata e intimidita per impedirle di esercitare l’azione civile in sede penale, inducendola a rinunciare alla costituzione di parte civile.

Le minacce, veicolate anche tramite altri indagati, miravano a ottenere una condizione di totale assoggettamento, estesa persino a due dei testimoni, uno dei quali, visibilmente intimorito, chiese al 54enne di indicargli cosa dichiarare in aula: «Tu mi devi scrivere quello che devo dire… poi io studio. Faccio tutto quello che vuoi tu», disse.

La finta avvocata e i pizzini dal carcere

Tra i reati contestati figura anche l’esercizio abusivo della professione forense, a carico di una 35enne di Pulsano. Quest’ultima, pur priva di abilitazione, si sarebbe qualificata come avvocato del Foro di Taranto.

La donna, praticante in uno studio legale, avrebbe svolto il ruolo di difensore di fiducia di uno degli indagati, nonostante non avesse mai conseguito l’abilitazione forense, accedendo anche al carcere di Lecce, dove il 54enne era detenuto, per consentirgli di trasmettere all’esterno comunicazioni e disposizioni sotto forma di “pizzini”, eludendo i controlli.

Le indagini hanno evidenziato come l’attività criminale non abbia mai subito interruzioni, nonostante lo stato di detenzione del 54enne. L’uomo avrebbe continuato a impartire direttive con l’ausilio dei propri complici.

Un ruolo centrale sarebbe stato svolto dalla sua compagna, incaricata di organizzare incontri con le vittime in luoghi pubblici e apparentemente insospettabili, utilizzando un linguaggio cifrato. Emblematico come, nei dialoghi intercettati, le vittime che decidevano di pagare al gruppo le somme richieste venissero definite dagli stessi indagati “persone educate”.

Omertà e paura tra le vittime

Lo stato di assoggettamento e la diffusa omertà delle vittime delle estorsioni, in particolare imprenditori del settore alberghiero e gestori di lidi balneari e di altre attività commerciali, di cui si sarebbe reso autore un gruppo criminale, emergono da alcuni episodi rilevati nel corso delle indagini.

In particolare un uomo, al quale era stata incendiata l’auto, ha dichiarato ai vigili del fuoco intervenuti di aver subito un guasto meccanico inesistente. In un’altra occasione è stata intercettata la frase di un imprenditore edile che non aveva mai reso dichiarazioni utili alle indagini e che manifestava a un conoscente il proprio profondo stato di frustrazione dicendo: «Questi mi stanno togliendo la vita».

«Io devo vincere l’Oscar»

Il 54enne ritenuto figura centrale del gruppo criminale, durante tutto il periodo di detenzione, avrebbe simulato uno stato di invalidità, vantandosi con la sua compagna delle sue doti attoriali, al fine di ottenere benefici penitenziari, tant’è che ha pronunciato frasi come «… io l’Oscar devo vincere», oppure «… dentro l’ambulanza stavo come uno storpio».

La donna lo avrebbe definito, infatti, un «attore nato», attribuendo a tali capacità l’ottenimento, in passato, di condizioni detentive più favorevoli.

Lo stesso avrebbe poi ricevuto nella sua abitazione numerose persone non autorizzate, tra cui complici e vittime delle attività estorsive.

Durante le operazioni di stamane i carabinieri hanno ritirato a scopo cautelare alcune armi a carico di un indagato, nello specifico 4 pistole e 2 fucili, con relativo munizionamento.

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