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Taranto calcio, parla Brunetti: «Società solida e nuovo stadio faranno ripartire forte la squadra» – L’INTERVISTA

«Luca, Luca, Luca tira una bomba, tira una bomba». Quando Luca Brunetti, difensore di razza, si avvicinava alla sfera pronta per essere calciata su punizione, dalla Curva si alzava un coro inequivocabile. Marchio di fabbrica di un giocatore che ha fatto la storia del Taranto dal 1988 al 1992. Dieci i gol segnati in 140 partite e un grosso pezzo di cuore lasciato in riva allo Ionio prima di passare al Brescia. Gol pesanti che, a distanza di oltre trent’anni, fanno battere il cuore non solo dei tifosi, ma anche dello stesso calciatore.

Brunetti, quale idea ha di queste prime tre settimane di lavoro della nuova società?

«Sono lontano mille chilometri da Taranto, per cui è un’idea che si basa su ciò che leggo sui giornali e sui social. Mi sembra comunque una società solida ed è questo il vero punto di partenza per costruire qualcosa di importante e duraturo».

Dopo 33 anni un altro Brunetti indosserà la maglia del Taranto: vorrebbe fargli un augurio particolare?

«Si, sono stato già informato della sua presenza. Qualche tifoso mi ha chiesto se fosse mio figlio: no, non lo è ma già che si chiami come me è un buon segno. Spero sia di buon auspicio. Oltretutto è anche un difensore come me. A lui il mio in bocca al lupo. Il mio augurio, naturalmente, vale per tutti i componenti della rosa, perché Taranto è una piazza importante. È una città che ha fame e che merita tanto e i giocatori ne devono essere coscienti».

A Taranto, negli ultimi decenni, si sono perse intere generazioni di tifosi, come si possono recuperare?

«Purtroppo molti tifosi sono rimasti delusi da qualche società un po’ ballerina e dai risultati che non sono arrivati. A una fine segue sempre un inizio. Con questa nuova dirigenza bisognerà ripartire più forti che mai. Sarà necessario essere positivi e ottimisti. La presenza di una società forte e di uno stadio all’avanguardia saranno elementi che aiuteranno la rinascita. Chi ben incomincia e a metà dell’opera, anche se vincere non è facile e chiamarsi Taranto non basta. I tifosi devono rimanere vicino al club e faranno la differenza. Ricordo ancora ai miei tempi che quando c’erano poche persone allo Iacovone non si scendeva sotto i 12.000, 15.000 spettatori. Nelle partite di cartello anche 22.000, 25.000».

I tarantini la ricordano con grande affetto, anche a distanza di 33 anni e non solo per il gol da oltre 75 metri al Pescara…

«Preciso che i metri sono 78, ma quel gol lo metterei all’ultimo posto. Sono ricordato per quel che ho dato. Ero un difensore grintoso, arcigno e ho segnato gol importanti contro Avellino, Parma, Ancona, Reggiana e con la Juventus in Coppa Italia. A Taranto ho vissuto momenti bellissimi. In quegli anni la Serie B era una A2 con campioni come Bierhoff o Balbo. Se mi trasferissi a Taranto e mi candidassi a sindaco, probabilmente verrei eletto».

Da quanto tempo non ha modo di passeggiare a Taranto?

«Tanti, troppi anni. Tornerei volentieri. Mi piacerebbe che la società possa invitarmi quando verrà inaugurato il nuovo “Iacovone”. Sarà una festa per tutti, anche per noi che abbiamo vissuto in altri momenti le vicende del Taranto».

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