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Michele Cazzarò: «Il mio rapporto con il Taranto? Come quello tra madre e figlio» – L’INTERVISTA

Al cuore non si comanda. Soprattutto se il sangue che lo irrora ha due colori, il rosso e il blu. Il rapporto di Michele Cazzarò con il Taranto è lo stesso di un neonato appena venuto al mondo e che è ancora legato alla madre con il cordone ombelicale. Giocatore prima e allenatore poi, è stato parte della storia del club, anche la più recente. Perno del centrocampo, con la maglia che è per lui una vera e propria seconda pelle, ha disputato 65 partite segnando 3 reti.

Cazzarò, il Taranto è della famiglia Ladisa che lei conobbe quando giocava a Monopoli in C2 nella stagione 2005/06: che esperienza fu?

«Assolutamente positiva. Ebbi modo di conoscere anche i genitori, per cui quando la famiglia Ladisa ha scelto di investire sul Taranto, da tifoso, sono stato contento. Quando una nuova società prende il posto di un’altra si valuta la solidità economica e sotto questo aspetto direi che il Taranto è in ottime mani e di questi tempi vale tantissimo. Sono sotto gli occhi di tutti, infatti, le difficoltà che vive il calcio italiano. Nello scorso campionato la crisi toccò da vicino la Turris e purtroppo anche il Taranto, mentre quest’anno risultano coinvolte altre piazze importanti come Triestina e Rimini».

Quale impressione ha avuto da queste prime giornate di campionato?

«Direi buona. Premetto che non conosco il campionato di Eccellenza, però mi fido molto del direttore Riccardo Di Bari, che ho avuto a Martina: quando opera sul mercato sceglie bene. Il Taranto è partito tardi rispetto alle altre, eppure ha vinto entrambe le partite. Nel calcio conta soltanto il risultato: tutto il resto sono chiacchiere e che si giochi bene o meno ha una importanza relativa. Sugli almanacchi, tra qualche anno, non leggeremo se i ragazzi abbiano giocato bene o male, ma solo il risultato».

Domani, in Coppa Italia, il Taranto affronterà il Brindisi da lei allenato in passato: tre le due piazze ci sono punti di contatto?

«Sono simili, purtroppo, nelle sofferenze. Sono state piazze importanti e che hanno fatto la storia del calcio. Come Taranto, anche Brindisi alterna buoni periodi ad altri meno positivi. La partita di giovedì avrà un grande valore, perché vincere la Coppa Italia significherebbe puntare alla promozione diretta in D. Sarà un doppio scontro vero, tirato e che non vede nessuna delle due squadre con un vantaggio sull’altra. Un derby è sempre un derby».

Come definirebbe il suo rapporto con il Taranto?

«Sin da quando giocavo nel settore giovanile l’ho sempre considerato allo stesso modo di una madre con il figlio. Un cordone ombelicale che non si romperà mai: anche in situazioni complicate sono stato e sempre sarò orgoglioso di essermi seduto sulla panchina rossoblù».

Dei tre gol realizzati con il Taranto, uno le è rimasto impresso?

«Non ho segnato tantissimo, ma ricordo con piacere quello realizzato alla Nocerina, nella stagione in cui mancammo la promozione contro il Catania. A Nocera, non so neanche io come feci, tirai dalla lunga distanza e realizzai un gran gol. Di certo calciai da più di 30 metri».

In questa stagione non le stata affidata una squadra: resta in attesa?

«Al momento guardo le partite, in attesa di qualche chiamata. Il nostro mestiere è così e bisogna accettarlo, senza pensare a chissà cosa. Sono in silenzio, aspetto, e seguo i calciatori per farmi trovare pronto ed evitare di perdere il treno».

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