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Matteo Villardita premiato a Taranto: «Faccio sognare i bambini. Spider-man li aiuta a essere più forti»

I panni del supereroe e si reca nei reparti pediatrici degli ospedali per riportare il sorriso ai bambini malati e la forza di sperare alle loro famiglie, questa la missione di Matteo Villardita, il volontario conosciuto dai più piccoli come Spider-man. Presente a Taranto in occasione della XXVI edizione del Magna Grecia Cresco Award ancora…

I panni del supereroe e si reca nei reparti pediatrici degli ospedali per riportare il sorriso ai bambini malati e la forza di sperare alle loro famiglie, questa la missione di Matteo Villardita, il volontario conosciuto dai più piccoli come Spider-man. Presente a Taranto in occasione della XXVI edizione del Magna Grecia Cresco Award ancora una volta il supereroe ha regalo momenti di vera autenticità ai presenti.

Mattia Villardita, come nasce l’idea di essere Spiderman?

«A causa di una malformazione congenita a sette anni sono entrato in ospedale. Mio nonno, proprio in quella occasione, mi regalò uno Spider- man giocattolo, da allora è diventato il mio supereroe preferito. Ricordo che ho passato giornate intere ad aspettarlo e a sperare che venisse a trovarmi per darmi coraggio. Immaginavo di vederlo fuori la finestra ad esempio durante un temporale. Quando il mio percorso da paziente è finito, a quasi 22 anni, ho fatto un lungo percorso per ritrovare il mio equilibrio, in questo cammino un ruolo decisivo l’ha avuto il volontariato».

A quel punto è arrivato il costume da supereroe?

«L’idea di diventare Spider-man e far visita ai bambini in ospedale è stato quasi un atto dovuto, dovevo chiudere il cerchio».

È un’attività che le impegna molto tempo, immagino.

«Non è facile conciliare tutto, gli impegni sono sempre maggiori. Mi chiamano dagli ospedali di tutta Italia, adesso anche da altre nazioni, dopo l’estate sarò a Barcellona e Londra. Nella vita normale sono un normale impiegato videoterminalista in una azienda che si occupa di logistica, in più due volte a settimana faccio la riabilitazione, ed è un impegno costante sin da quando ero piccolo che non posso trascurare, devo prendermi cura di me per potermi occupare degli altri».

Una grande responsabilità.

«La parte più difficile da gestire è quella emotiva, conosco molti bambini ogni anno, credo più di 1500, tantissimi nei reparti oncologici».

I bambini chiedono di sapere la sua identità?

«Può capitare, l’identità di Spider-man deve restar segreta. Faccio il possibile perché i bimbi non sappiano chi sono e continuino a credere nel loro supereroe. Vorrei che il mito restasse, da questo punto di vista c’è tanta collaborazione da parte dei genitori e degli operatori ospedalieri. C’è anche qualche piccola eccezione».

Un esempio?

«Ho un piccolo amico di otto anni, che vive a Torino. Oggi dopo il terzo trapianto di midollo osseo sta bene. Uscito dall’ospedale ha chiesto alla mamma di invitarmi a cena e poi ad un pigiama party. Io ho accettato, solo in seguito ho capito che la sua idea di offrirmi la cena era per convincermi a togliere la maschera. È tra i pochi bambini a conoscere chi sono davvero. Nonostante la sua età è un bimbo davvero grande. Ogni volta che posso vado a trovarlo per passare del tempo con lui e la sua famiglia. Ho instaurato una vera e propria amicizia che ormai dura da anni».

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