“Quando pensi che sia tutto finito, è il momento in cui tutto ha inizio”. Questa frase racchiude in sé l’essenza della straordinaria storia di Paolo De Vizzi, uomo e atleta di Manduria, in provincia di Taranto, che ha trasformato una tragedia in un percorso di rinascita, facendosi simbolo vivente di forza, speranza e inclusione. Una parabola di resilienza che dal dolore lo ha portato a realizzare record mondiali, ispirare centinaia di persone con disabilità e creare una rete umana capace di abbattere ogni barriera, anche quella più profonda.
L’incidente che cambia tutto
Il 9 dicembre 1996, Paolo ha 22 anni ed è un ragazzo come tanti. Ama il mare, la pesca subacquea e la vita. Quella sera, però, un pirata della strada a bordo di un camion lo spinge fuori carreggiata. L’auto si ribalta in un burrone e lui resta per ore agonizzante tra gli ulivi della campagna pugliese.
La diagnosi è terribile: lesione midollare, paralisi dal collo in giù. I sogni, le abitudini, l’autonomia vengono spazzati via in un istante. Per mesi, forse anni, il buio. Nessuna prospettiva, solo disperazione.
L’idea del suicidio gli sfiora la mente, ma è l’amore dei genitori a salvarlo, a dargli la forza di reagire.
Il mare come terapia e i record
È nel mare che Paolo ritrova sé stesso. Dopo un lungo percorso riabilitativo in un centro specializzato a Imola, la lesione ritenuta irreversibile si dimostra parzialmente recuperabile. Una chance inaspettata, che accende in lui una scintilla. Decide di tornare nel suo elemento: l’acqua. Nonostante la disabilità, inizia un percorso da subacqueo che lo porterà non solo a immergersi, ma a conquistare record impossibili anche per atleti normodotati.
Nel 2011, arriva il primo primato: si immerge fino a 62 metri e 30 centimetri, diventando il sub disabile ad aver raggiunto la maggiore profondità mai registrata. Un anno dopo, resta sott’acqua per 20 ore consecutive, giocando a dama, mangiando frutta e interagendo con lo staff tramite speciali maschere dotate di microfono. Nel 2013 si spinge oltre, restando immerso per 34 ore e 30 minuti. Ma non è abbastanza.
L’8 settembre 2016, De Vizzi si immerge nuovamente nelle acque di Santa Caterina di Nardò. Obiettivo: superare il record mondiale di permanenza subacquea con erogatori, detenuto da un sub egiziano. Dopo oltre due giorni in acqua, con temperature rigide, assistito da un team di oltre 70 professionisti, Paolo riemerge alle 23.30 dell’11 settembre, stabilendo il nuovo primato: 51 ore e 56 minuti sott’acqua a 10 metri di profondità. Un’impresa che fa il giro del mondo.
L’immagine simbolo? Paolo che abbandona la sua carrozzina sul fondale: lì non gli serve. Il mare, spazio privo di barriere, gli restituisce quella libertà che sulla terraferma spesso gli è negata. «Nel mare siamo tutti uguali» ripete. Ed è questo il cuore del suo messaggio.
Esempio di inclusione
Paolo non è un supereroe. È un uomo che ha trasformato la sofferenza in missione. Attraverso la sua associazione “Il Mare Senza Limiti”, promuove la subacquea accessibile e diffonde una cultura dell’inclusione autentica. Non fatta di slogan o barriere architettoniche abbattute per decreto, ma di occasioni concrete per dimostrare che la disabilità non è un ostacolo, ma una condizione da affrontare con dignità e supporto.
L’eroismo individuale non basta: dietro i suoi record, infatti, c’è una squadra: medici, fisioterapisti, sub, amici, istituzioni. Ed è proprio questa la grande lezione di Paolo: l’inclusione è un’impresa collettiva, non il gesto di pochi illuminati.
Un Paese più accogliente
La storia di Paolo ci tocca tutti, da vicino: stiamo davvero costruendo una società in cui ognuno possa esprimere le proprie potenzialità, al di là delle proprie condizioni fisiche? Stiamo sostenendo abbastanza chi, dopo un trauma, cerca non solo di sopravvivere, ma di tornare a vivere? La sua esperienza dimostra quanto contino la volontà personale, ma anche l’accesso alla riabilitazione, al supporto psicologico, all’opportunità formativa e lavorativa.
Raccontare e ispirare
Dalla sua esperienza è nato anche un documentario, presentato alla fiera internazionale della subacquea Eudi Show. Il video testimonia non solo l’impresa sportiva, ma l’uomo, il dolore e la rinascita. Un’opera che Paolo condivide con entusiasmo, certo che potrà essere d’aiuto a chi oggi si sente perso come lui si sentiva in quel buio 9 dicembre del 1996.
«Non voglio sembrare un superuomo – ha dichiarato – Quello che faccio lo faccio per me, per spingermi oltre, per capire fin dove può arrivare il mio corpo. Ma soprattutto, per dimostrare agli altri che nulla è impossibile».
Un messaggio universale
Paolo De Vizzi ci lascia un messaggio limpido come le acque in cui si immerge: la forza non è l’assenza di fragilità, ma la capacità di trasformarla in risorsa. Ogni ostacolo superato è un gradino verso la libertà. Ogni barriera abbattuta è un passo verso una società più giusta. E ogni esempio positivo è un seme che può far germogliare speranza. La sua storia non è solo quella di un uomo disabile che ha battuto dei record: è la storia di una comunità che ha saputo fare rete, di un uomo che ha saputo credere ancora, e di un Paese che, quando vuole, sa offrire occasioni di riscatto.
E allora, ogni volta che qualcuno dirà “è impossibile”, ricordiamoci di lui. Di Paolo, del suo sorriso, del suo coraggio. E del suo motto: «Nulla è impossibile. I limiti sono nella nostra testa».