Un grave caso di disturbo psicopatologico, legato ad una personalità paranoide. È questo che rappresenta, secondo Roberta Bruzzone, psicologa forense e criminologa, l’efferato omicidio della 73enne Silvana La Rocca, uccisa dal figlio Salvatore Dettori, reo confesso. «La violenza estrema e l’efferatezza dell’atto, culminato con l’espianto del cuore della vittima, suggeriscono una dinamica ossessiva e delirante, radicata in una percezione distorta della realtà», dice l’esperta.
Il rapporto con la madre
Secondo Bruzzone, alla base del delitto vi sarebbe un rapporto madre-figlio deteriorato da dissidi. «Dettori, sentendosi privato del diritto di vivere nella villetta in parte ereditata, avrebbe sviluppato un rancore crescente verso la madre, vista come il fulcro di un complotto ai suoi danni. Questo quadro psicologico avrebbe portato l’uomo a elaborare una lettura della realtà in cui la madre era il “nemico giurato” da annientare». L’omicidio, secondo Bruzzone, è stato quindi il culmine di un’ossessione paranoide e l’azione di strapparle il cuore a mani nude, per la professionista, è simbolica: «non voleva solo ucciderla, voleva annientarla del tutto».
Disturbi pregressi
Dettori da marzo era in congedo, dopo 24 anni in Marina Militare. Secondo la criminologa i segni del delirio non sono recenti. «Il congedo per ragioni ortopediche potrebbe celare segnali di sofferenza psichica già presenti, magari anche la madre lo sapeva. Però non è stato aiutato adeguatamente e il disturbo è poi culminato in questa azione». Un altro dettaglio significativo è il gesto finale di accendere la luce in una stanza satura di gas, azione che avrebbe potuto provocare un’esplosione. «Non gli importava di morire – dice Bruzone – a lui importava che nessuno avesse vantaggi. Niente villa per lui e allora niente per nessuno. Va indagata la capacità di intendere e di volere. Una valutazione psichiatrica fatta adesso, nell’immediatezza dei fatti, può restituire un quadro più coerente e accurato».