C’è attesa per l’incontro di oggi pomeriggio a Roma convocato alle 15 dal Governo per affrontare la vertenza dello stabilimento siderurgico dell’ex Ilva. L’incontro, programmato nella sala Verde di Palazzo Chigi, è il secondo tentativo di confronto con i sindacati dei metalmeccanici per scongiurare la fine della produzione nella fabbrica tarantina.
Al tavolo siederanno oltre al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, i commissari straordinari di Acciaierie d’Italia e i segretari generali di Fim, Fiom e Uilm.
La dichiarazione
«Dall’incontro ci aspettiamo che il Governo ritiri in toto il piano che ci ha presentato; un piano che hanno definito corto perché la decarbonizzazione si dovrebbe concludere nell’arco di quattro anni con un ricorso massiccio alla cassa integrazione a partire dal prossimo gennaio. Un piano che fa acqua da tutte le parti e che non condividiamo» dichiara Rocco Palombella segretario generale della Uilm.
Continua il sindacalista: «È stato il Governo a convocarci quindi ci aspettiamo che ci dica qualcosa di costruttivo e concreto, e non solo parole. Vogliamo sapere quale sarà effettivamente il futuro degli stabilimenti, di tutti gli stabilimenti che contano 18 mila lavoratori. Non accetteremo nuove fermate degli impianti né ulteriori ricorsi alla cassa integrazione».
Gli altri aspetti
Ma quello della salvaguardia dei posti di lavoro non è l’unico tema che sarà affrontato. I sindacati cercano risposte anche ad altri interrogativi. «Lo chiediamo da tempo, vogliamo sapere a che punto è la gara per l’acquisizione dell’ex Ilva e quale sarà la risalita produttiva. Tutti quesiti già posti a cui non abbiamo ricevuto risposte chiare. Vogliamo sapere quale sarebbe un vero piano di decarbonizzazione con un passaggio dagli altoforni ai forni elettrici senza il fermo dell’impianto», conclude Palombella.
L’aspettativa è alta, quello di oggi sarà l’incontro decisivo per determinare il futuro della fabbrica, dei lavoratori e di una intera comunità?
Franco Rizzo segretario generale dell’Unione sindacale di Base (Usb) rimane fermo su di un punto, a suo parere determinante per le risollevare le sorti dell’ex Ilva: «L’intervento pubblico è necessario per salvare una fabbrica che langue. La Costituzione non vieta e non esclude l’intervento del Governo per risanare la difficile situazione. Tra le richieste che ribadiamo al ministro Urso e dunque al Governo c’è assicurare l’incentivo all’esodo su base volontaria per i dipendenti AdI in as e Ilva in as, e il riconoscimento di un abbuono per tutti i dipendenti compresi quelli dell’appalto (4.500)».
Di certo quella dell’ex Ilva è una delle più difficili crisi industriali del Paese. L’ingresso dello Stato nell’azienda potrebbe essere frenato da questioni politiche o debitorie?