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«Ho portato a Kiev il capocollo. La guerra è fuori di casa»

Da Martina Franca a Kiev per esportare il capocollo. Oggi Paolo Chiafele sente l’odore della guerra. «Qui sembra tutto tranquillo – afferma – può essere la quiete prima della tempesta. Ė un normalissimo e tranquillo giorno lavorativo, chi è al lavoro, chi è chiuso in casa. La popolazione locale attende ciò che accadrà».

Ha lasciato la sua terra cinque anni fa per andare in Ucraina. Di professione ha sempre fatto il macellaio. Produce il prelibato capocollo e salumi di ogni tipo. Stanco di lavorare in Puglia, ha deciso di tentare la fortuna. Una sfida che oggi può dire di aver vinto. Ha anche creato il marchio per i suoi prodotti: “MastroPaolo”, presente in 35 punti vendita, con volumi pari a quasi due tonnellate e mezzo di prodotto al mese. La famiglia e gli amici hanno tentato di dissuaderlo, ma non ci fu nulla da fare. Una volta presa la decisione ha lasciato tutto e con il suo bagaglio di esperienza è andato via. In questi cinque anni di lavoro, giorno dopo giorno, ha raccolto sempre più consensi. I prodotti martinesi hanno trovato la giusta e, quasi, inaspettata collocazione negli scaffali dei supermercati e sulle tavole dei ristoranti. Solo qualche giorno fa un’altra gratificazione con l’ottenimento dell’ambito riconoscimento Gambero Rosso che il ristorante-pizzeria “Il Positano” ha ricevuto grazie ai suoi prodotti. Oggi la vita di Paolo è di fronte ad un grande punto interrogativo: la guerra. La capitale dell’Ucraina potrebbe non essere più sicura e lui ieri mattina ha fatto il pieno alla sua auto e si è recato in banca a ritirare i soldi. Un futuro incerto lo aspetta, per lui come per tanti altri italiani e tutta la popolazione ucraina.
Gli italiani presenti sul territorio ucraino sono stati raggiunti dalla Farnesina, con un messaggio oppure contattati di persona. Il testo è il medesimo: allontanarsi dalle città. A Paolo è arrivato un messaggio con cui gli si dice di lasciare Kiev per un possibile attacco russo. «Inutile scappare – racconta -. Se ci dovesse essere un attacco sarebbe talmente devastante che sarebbe inutile fuggire, lasciare le abitazioni e la città. Per noi italiani la situazione è diversa, la Farnesina ci ha detto che dobbiamo andare via per mettere in salvo la nostra vita. Ha organizzato per i connazionali che si trovano a Odessa un piano di fuga per raggiungere il confine più vicino. Qui a Kiev, invece, ancora nessun piano per lasciare la città. C’è un invito generico, precauzionale, a lasciare Kiev. Qui gli italiani sono circa due mila». La sua famiglia in Italia è preoccupata.
«In queste ore sono tantissime le telefonate che sto ricevendo da parenti e amici – sottolinea – che mi chiedono come sto e cosa intendo fare. Per il momento rimango qui, con il pieno alla macchina e un po’ di soldi in tasca posso fronteggiare la prima emergenza. Posso passare il confine, poi si vedrà». Paolo si sofferma anche su come la cittadinanza sta vivendo questo delicato momento. «La popolazione ucraina non ha paura – racconta – da anni sono minacciati dai russi. In queste ore militari ucraini sono a Chernobyl e di questo in Italia non se ne parla. Quello che si dice qui è che se ci fosse un attacco russo i militari locali colpirebbero la centrale nucleare, una vera e propria arma di distruzione che farebbe danni anche in Europa».

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