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Fiorella Coliolo e la passione per il cosmo: «Il primo gioco? Un telescopio»

Fiorella Coliolo esordisce così: «Quando ero piccola mi incantavo a guardare il cielo stellato e immaginavo mondi lontani, misteriosi e con altre forme di vita. Un ignoto da scoprire, un labirinto affascinante che si chiama Universo». Oggi è un’astronoma e divulgatrice d’eccellenza. A Fiorella, nata a Manduria e cresciuta poi a Francavilla Fontana, le bambole…

Fiorella Coliolo esordisce così: «Quando ero piccola mi incantavo a guardare il cielo stellato e immaginavo mondi lontani, misteriosi e con altre forme di vita. Un ignoto da scoprire, un labirinto affascinante che si chiama Universo». Oggi è un’astronoma e divulgatrice d’eccellenza. A Fiorella, nata a Manduria e cresciuta poi a Francavilla Fontana, le bambole non sono mai piaciute e a 12 anni riceve in regalo il primo telescopio. Giocava a studiare i corpi celesti, adorava i film di fantascienza e fantasticava sugli extraterrestri leggendo il libro di Isaac Asimov “Civiltà extraterrestri”. Questo racconto è stato poi fonte di ispirazione per il suo libro del 2009 “La recherche de la vie dans l’Univers entre mythes et realitè” (edizioni La martiniere). Così la passione d’infanzia è diventata il suo lavoro e ancora ora, a quarantanove anni, le piace pensare che su altri pianeti ci siano forme di vita. Si è laureata in Astronomia a Bologna e nel ricco curriculum ci sono master prestigiosi in giro per il mondo e il tema spazio è il pane quotidiano. Tra le diverse collaborazioni di respiro internazionale c’è quella con l’Agenzia Spaziale Europea per la quale si occupa di eventi e di mostre; collabora poi con il Distretto Tecnologico Aerospaziale (DTA) che ha sede a Brindisi e con l’ASI, l’agenzia spaziale italiana a Roma. Da più di vent’anni interagisce con agenzie e istituzioni europee, industrie aerospaziali e centri scientifici e si occupa di campagne mediatiche.

Una scienziata che è entrata a gamba tesa e si è fatta “spazio” in un mondo di uomini. Come si fa?

«La vera spinta è la passione e la mia famiglia mi ha appoggiata. Ho una forma mentis eclettica e sono sempre stata attratta dal sapere a 360 gradi, motivo per cui ho scelto il liceo classico. Devo proprio a questo insegnamento l’acquisizione di un buon metodo di studio».

Le donne nella sua professione sono ancora poche?

«Pur essendo l’ottava economia mondiale, l’Italia, in termini di parità di genere, marca importanti ritardi. Il rapporto 2021 dell’OCSE “Education at a Glance” evidenzia disuguaglianze nell’istruzione. Le cose stanno cambiando ma nelle cariche apicali ci sono ancora solo uomini. Usciamo non da molto da un modello educazionale dove le bambine erano invogliate a giocare con le Barbie o con l’arte del cucito e i maschietti con gli elettroscopi. Uno stereotipo da abbattere. Bisogna invece assecondare a partire dalle scuole primarie, indistintamente, l’interesse delle bambine e dei bambini».

Questo è un tema a lei caro.

«Insieme al mio collega Benoit Delplanque ho creato la mostra itinerante “Space girls, space women: lo spazio vissuto dalle donne”. Inaugurata a Parigi nel 2016 è stata esposta in più di 30 città europee e ha fatto anche tappa a Bari, alla Fiera del Levante. Mira a promuovere il ruolo delle donne nel settore spaziale e a stimolare i giovani alle materie “Stem”».

E i pugliesi ad oggi come si collocano in questo settore professionale?

«Molto bene direi, ci sono eccellenze nel mondo aerospaziale. All’estero la Puglia non viene più vista solo come la terra del buon cibo dove si nasce e si cresce con la dimensione dell’agricoltura. Grazie anche alla presenza del DTA e aziende di punta si guarda sempre di più al futuro con innovazione».

A proposito di viaggi, mantenendo sempre i piedi per terra, dove ha vissuto più a lungo? Da sei anni la sua casa è Roma ma ha messo piede in ogni dove.

«Con Parigi c’è una lunga storia d’amore, durata quindici anni e non è detto che non ci torni».

Assistiamo ad un evidente cambiamento climatico; quale l’apporto dei dati satellitari per un obiettivo di sviluppo sostenibile?

«Di fronte alle minacce del clima, della povertà, fame, guerre e pandemie, l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile ha definito ben 17 obiettivi per promuovere il benessere del pianeta. Insieme al mio collega francese Delplanque abbiamo così creato la mostra “Lo spazio per il nostro pianeta”; intervistato 35 testimoni, tra pescatori, astronauti, studenti esperti di clima, medici ed artisti per vedere come le tecnologie spaziali possano influire per il raggiungimento dei 17 obiettivi. La mostra è esposta al Nazioni Unite a New York».

Quali sono le sue altre passioni?

«Sono pugliese, quindi adoro il mare. Vado lì per ricaricarmi e ho un bisogno incessante di sole. Un rifugio per l’anima e non smetterò mai di navigare in barca a vela in giro per le isole. I viaggi poi mi ispirano a disegnare e a dipingere».

Un messaggio per le nuove generazioni?

«Seguite le vostre passioni, non abbiate paura di lasciare la “confort zone” perché i cambiamenti anche se difficili sono necessari per evolvere».

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