Il ministro delle Imprese Adolfo Urso fa visita al cantiere Hydra a Castel Romano, una mini-acciaieria progettata per sperimentare l’idrogeno in tutte le fasi del ciclo dell’acciaio. Hydra è uno dei laboratori più avanzati per una produzione moderna e sostenibile, un banco di prova anche per la piena decarbonizzazione del polo siderurgico dell’ex Ilva di Taranto. «Qui si costruisce il futuro della siderurgia per garantire al Paese una produzione di acciaio sostenibile – ha detto Urso, precisando che «la produzione di preridotto sarà un elemento chiave per la piena decarbonizzazione dell’ex Ilva».
Lo scontro coi sindacati
Per Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della Uil, «L’Ilva è sostanzialmente chiusa. Non vediamo un piano di rilancio. L’acciaio serve all’Italia: abbiamo un’industria manifatturiera che ne ha bisogno, non possiamo importarlo dalla Cina, ma le scelte fatte dal ministro Urso ci consegnano una fabbrica chiusa». Per Bombardieri, nella migliore delle ipotesi, il piano dei forni elettrici prevede i tre quarti degli esuberi.
La protesta
A Genova, intanto, come nei giorni scorsi a Taranto, gli operai sono tornati a protestare e dormire per strada sfidando il governo. Si teme la fermata degli impianti tarantini dove vengono realizzati, nel ciclo integrale a caldo degli altoforni, i prodotti grezzi che poi vengono rifiniti e trasformati nei reparti di laminazione, la zincatura e altre operazioni a freddo del Nord. Molti temono che le «due Ilva», gli impianti del Nord e Taranto, seguano strade diverse, con la prima che sopravvive alla seconda, decisamente più agonizzante.
Tra dieci giorni il ministro Urso dovrebbe fare il punto sulla gara bandita per cedere gli impianti dell’ex Ilva. Quello che sarà dell’ex polo siderurgico più grande d’Europa dopo febbraio 2026, al momento resta un mistero. Da tempo i sindacati chiedono una partecipazione diretta dello Stato nella gestione della fabbrica per riqualificare gli impianti e solo dopo metterli sul mercato.