Il ministro delle Imprese ha fretta sull’ex Ilva. Vuole il gas, elemento imprescindibile dell’accordo di programma proposto agli enti locali, che finora lo hanno respinto. Martedì il governatore Michele Emiliano ha convocato sindaci e sindacalisti per fare il punto della situazione a Bari.
Serve la nave rigassificatrice per l’impianto di preridotto di ferro (che deve ancora andare a gara e poi essere costruito) e minaccia: «se mi dicono che il Dri (il preridotto) non si può realizzare, lo Stato lo farà in un’altra parte d’Italia». Ieri Urso ha intimidito i sindacati parlando di ore contate, spiegando chiaramente i passaggi dell’affare: se gli enti locali accettano l’accordo di programma l’ex Ilva ha una nuova Aia (autorizzaione integrata ambientale), chi è interessato alla fabbrica può rimodulare l’offerta. E solo dopo si potrà avere un piano industriale per stabilire il destino dei lavoratori diretti e indiretti.
Senza accordo con gli enti locali, salta il banco. Urso teme che siano i giudici a decidere il destino dell’ex Ilva. A giorni è atteso un provvedimento del tribunale di Milano che, senza una nuova Aia con le nuove prescrizioni ambientali e sanitarie, applicando la sentenza della Corte di giustizia europea, potrebbe decidere a favore della richiesta inibitoria immediata presentata da alcuni tarantini, cioè fermare la produzione e decretare la morte del gigante di ferro.
Le reazioni
Davanti alla minaccia di chiusura degli altoforni entro fine luglio, i sindacati metalmeccanici hanno chiesto subito di essere convocati al tavolo permanente sull’ex Ilva a Palazzo Chigi e di essere coinvolti nel confronto con gli enti locali sull’accordo di programma. Per Loris Scarpa, Cgil, «la politica si dimostra incapace di risolvere il presente per affrontare il futuro».
Uil e Uilm parlano di «inaccettabile scaricabarile». Per Rocco Palmobella, «non è più tollerabile che, dopo oltre un decennio, migliaia di lavoratrici e lavoratori continuino a vivere nell’incertezza, stretti tra emergenze ambientali, industriali e sociali. Serve un piano di rilancio industriale e un accordo interistituzionale fondato su investimenti, innovazione e sostenibilità. Non sono più ammissibili soluzioni tampone o scorciatoie. Il tempo stringe: le amministrazioni locali coinvolte giungano a una soluzione definitiva, concreta e rapida».
Fim Cisl, con Ferdinando Uliano e Valerio D’Alò, se la prende con gli enti locali. «Bisogna abbandonare le sirene del populismo. Le istituzioni locali devono avere la consapevolezza della responsabilità che devono esercitare per coniugare ambiente, sviluppo e occupazione».