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Ex Ilva, tavoli romani disertati e da gennaio niente fossili per il carboncoke altiforni

Si riparte da dove si era rimasti con i sindacati che minacciano di non presentarsi quest’oggi al tavolo ministeriale per gli stabilimenti Ilva. «Il governo Meloni procede con il piano di chiusura. Senza il ritiro del piano “corto” Fiom e Uilm di Taranto non parteciperanno all’incontro al ministero delle Imprese e del Made in Italy, annunciano le due sigle sindacali alla vigilia dell’incontro convocato dal ministro Urso sulla vertenza ex Ilva. Ma soprattutto sottolineano la progresiva intenzione di fermare gli impianti produttivi. «In queste ore abbiamo appreso che dall’1 gennaio 2026 non è in programmazione l’arrivo delle navi di fossili utili a garantire la marcia delle batterie. Il ministro Urso sta decretando la chiusura del sito».

L’interrogativo

Fiom Cgil e Uilm chiedono risposta alla domanda: «Cosa accadrà dal primo di marzo 2026 in assenza di un futuro acquirente?» Un interrogativo al quale il ministro Urso è consapevole di non poter rispondere, perché – sostengono ancora le due sigle sindacali – «senza risorse e senza acquirente si determinerebbe il collasso dell’ex Ilva».

La perplessità

Ma c’è anche un altro interrogativo, questa volta più silente ma non meno preoccupante, sull’atteggiamento e le future azioni di Palazzo Chigi che – a fronte della richiesta di non dividere i territori e i lavoratori ma di continuare a discutere di tutto il gruppo -convoca «ad orari diversi i siti del Nord e quelli del Sud» nel tentativo «vergognoso di contrapporre i territori nella logica del si salvi chi può». a riguardo i sindacati ribadiscono la propria contrarietà a una ipotesi di scorporo dei siti che finirebbe per mettere in atto una sorta di spezzatino, tanto osteggiato nelle ipotesi di vendita degli impianti.

L’intervento pubblico

Pertanto, «Ii governo Meloni prenda atto della fase di criticità e di straordinarietà in cui versa l’Ilva e intervenga attraverso un intervento pubblico necessario a garantire una transizione ecologica e sociale. Per tali ragioni, attraverso ogni forma di mobilitazione unitaria, cosi come fatto in occasione dello sciopero di Fim, Fiom, Uilm e Usb del 20 novembre, impediremo al governo di procedere con il piano dismissione».

Sullo sfondo della trattativa ministeriale, sostengono Fiom e Uilm di Taranto, «la gestione commissariale sta proseguendo con le attività propedeutiche alla chiusura totale degli impianti, a partire dagli stabilimenti del nord, e si stanno preparando a fermare le cokerie a partire dal primo di gennaio».

La solidarietà

Intanto, Greenpeace Italia, Legambiente e Wwf Italia esprimono solidarietà e vicinanza a tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori del gruppo Acciaierie d’Italia, e ribadiscono la loro posizione: «Respingiamo il ricatto tra “salvare i posti di lavoro” e “salvare l’ambiente e la salute”: la sola via praticabile è una transizione pianificata e partecipata che combini tutela sociale e sanitaria e trasformazione tecnologica».

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