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Ex Ilva, la strage silenziosa: «Una malattia da lavoro su due è un tumore»

Una strage silenziosa, che continua da vent’anni e che oggi torna a gridare la propria urgenza. È quella dei lavoratori dell’ex Ilva di Taranto, protagonisti di un dramma sanitario e umano che, secondo i dati presentati ieri sera dal segretario nazionale di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli e dalla candidata al Consiglio regionale Rosa…
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Una strage silenziosa, che continua da vent’anni e che oggi torna a gridare la propria urgenza. È quella dei lavoratori dell’ex Ilva di Taranto, protagonisti di un dramma sanitario e umano che, secondo i dati presentati ieri sera dal segretario nazionale di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli e dalla candidata al Consiglio regionale Rosa D’Amato, non si è mai davvero fermato.

L’analisi

Lo conferma un’analisi integrata sui dati dell’Inail (2005-2024) e della Asl Taranto (2007-2025): in vent’anni sono state riconosciute 2.035 malattie professionali, tra cui 934 tumori, il 34% dei quali ha portato alla morte del lavoratore. Significa 691 decessi dovuti a patologie contratte sul posto di lavoro. A questi si aggiungono 10 morti per incidenti e 13.728 infortuni denunciati, di cui 12.341 riconosciuti dall’Inail. In media, 617 incidenti l’anno, quasi due al giorno.

La situazione, lungi dal migliorare, mostra segnali allarmanti: le denunce di malattie professionali sono quasi raddoppiate in soli due anni, passando da 145 nel 2022 a 289 nel 2024, il dato più alto dell’ultimo decennio. Un incremento che, per Bonelli, «indica la persistenza di esposizioni nocive e la mancanza di adeguate misure di prevenzione, nonostante i cambi gestionali e le riduzioni del personale».

I tumori e le invalidità

Il quadro dei tumori è definito dagli stessi promotori come una «pandemia silenziosa»: quasi una malattia professionale su due è un tumore. Le patologie più frequenti sono i carcinomi ai bronchi e ai polmoni, collegati all’inalazione di polveri e inquinanti, e i mesoteliomi, provocati dall’esposizione all’amianto. Queste due tipologie da sole rappresentano oltre la metà (52%) dei casi oncologici tra gli ex dipendenti dello stabilimento.

Le conseguenze non si limitano alle malattie. Gli infortuni hanno generato 2.646 invalidità permanenti e oltre 405mila giornate di lavoro perse, l’equivalente di 1.112 anni di assenza. A oggi, 730 lavoratori percepiscono ancora una pensione Inail legata a incidenti sul lavoro.

Per Bonelli e D’Amato, il quadro che emerge è quello di una fabbrica ancora tossica, dove la sicurezza continua a essere una promessa non mantenuta. «I dati dimostrano che l’area a caldo resta un pericolo attuale e non ereditato – ha sottolineato D’Amato – Serve una presa di posizione pubblica e istituzionale per fermare le fonti di rischio, riconoscere il lavoro usurante e avviare una transizione industriale reale e sicura».

Il dottor Roberto Giua, che ha contribuito all’analisi, ha definito i risultati inequivocabili: «Ogni caso riconosciuto è un fallimento sistemico di tutela e una violazione etica e penale. Questi numeri devono essere discussi in sede politica e giudiziaria». «Non sono solo statistiche – ha concluso Bonelli – ma storie di padri, madri e figli che hanno pagato con la vita. Taranto merita giustizia, verità e un futuro in cui il lavoro non significhi più malattia e morte».

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