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Ex Ilva, si discute il futuro: i cittadini proclamano l’emergenza sanitaria

Limitare i danni e ridurre al minimo i 3.500 esuberi previsti per l’ex Ilva attraverso il ricollocamento, con scivoli d’uscita, norme ad hoc a tutela dell’amianto. Questa la posizione espressa dai sindacati ascoltati ieri in commissione regionale ambiente. L’audizione ha fatto emergere posizioni concilianti da parte delle parti sociali rispetto alle associazioni ambientaliste e una…
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Limitare i danni e ridurre al minimo i 3.500 esuberi previsti per l’ex Ilva attraverso il ricollocamento, con scivoli d’uscita, norme ad hoc a tutela dell’amianto. Questa la posizione espressa dai sindacati ascoltati ieri in commissione regionale ambiente. L’audizione ha fatto emergere posizioni concilianti da parte delle parti sociali rispetto alle associazioni ambientaliste e una parte dei partiti di centrosinistra.

Obiettivo mantenere in vita la fabbrica attuando la decarbonizzazione, ma tutelando ad ogni costo i posti di lavoro. Mentre La popolazione tarantina proclama lo “stato di Emergenza Sanitaria e Ambientale” con effetto immediato e fino alla cessazione delle condizioni di rischio per la vita, la salute e l’ambiente.

Le reazioni

Secondo Vincenzo Mercurio (Usb), «va stilato un piano preciso che consenta di blindarli e di gestire eventuali esuberi ricollocandoli in altre realtà». Il sindacato ribadisce la necessità di includere nel piano la ricollocazione degli eventuali esuberi presso enti pubblici come Arsenale, Acquedotto Pugliese ed enti locali, nonché il riconoscimento del lavoro usurante e incentivi all’esodo per chi voglia intraprendere nuovi percorsi lavorativi.

«Transizione industriale e tutela ambientale devono camminare insieme», ha invece dichiarato Biagio Prisciano, segretario generale della Fim Cisl Taranto-Brindisi. Prisciano ha ribadito la necessità di un rilancio industriale sostenibile, che metta al centro «la tutela ambientale, la salute pubblica e l’occupazione», definendoli «elementi imprescindibili per il rilancio di Taranto». Il territorio, ha sottolineato, «sta pagando un prezzo troppo alto per decenni di crisi e inquinamento», e servono interventi concreti per migliorare le condizioni di vita della comunità.

Favorevole alla decarbonizzazione e all’introduzione di tecnologie come il DRI, il sindacalista ha però avvertito che è fondamentale sviluppare filiere sostenibili a livello locale: «Vogliamo evitare che Taranto diventi una produzione di serie B dipendente da forniture esterne, perché questa rischia di compromettere qualità e identità territoriale». Uno degli snodi più attesi, è emerso, «è quello che potrebbe arrivare dall’incontro tecnico, a Roma, che stabilirà il fabbisogno di gas necessario al siderurgico di Taranto per la riconversione».

La task-force

Nell’audizione sulla questione della nave è intervenuto anche il presidente della task-force Leo Caroli: «Attendiamo le verifiche tecniche, siamo convinti potrebbe bastare l’aumento della portata dell’attuale gasdotto Tap e una deviazione sulla dorsale adriatica della attuale condotta. Attendiamo con attenzione questi approfondimenti tecnici perché escludere la nave rigassificatrice ci aiuterebbe a rendere più facile approfondire senza pregiudizio». Caroli ha spiegato anche che la sostenibilità «ha più facce: ambientale, industriale, sociale ma anche istituzionale».

Su questo ultimo aspetto bisogna «porre grande attenzione al tenere insieme le competenze e i ruoli, evitando i conflitti. Dobbiamo dotarci di uno strumento che garantisca tutti – ha continuato Caroli – e che le cose si facciano, che non si inquini più e che non si perda eccessivamente lavoro. E se si deve perdere lavoro lo si deve fare ad esuberi zero, con politiche da gestire insieme per proteggere i livelli occupazionali attuali. Questo accordo di programma con il quale si sta lavorando è uno strumento valido. A condizione che l’accordo di programma preveda al suo interno quantomeno una partecipazione pubblica alla futura compagine societaria al siderurgico, e ad oggi non lo prevede».

Da ultimo per Francesco Brigati, Fiom Cgil Taranto: «il timore è che se si dice no all’Aia e se non si faccia l’accordo di programma, si starà altri 12 anni fermi. Da domani – ha annunciato – sono convocate tre grandi assemblee di mattina e pomeriggio e un consiglio di fabbrica il 25 luglio con il governatore Emiliano».

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