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Politica Taranto

Ex Ilva, scintille politiche tra Movimento 5 stelle e meloniani sul reintegro dei lavoratori

Se sul fronte legale si accende la battaglia con la class action annunciata dal sindacato Usb per il mancato reintegro di 1.600 lavoratori, sul fronte politico non si è mai smesso di combattere, anzi dopo le offerte pervenute per l’acquisizione dello stabilimento siderurgico dell’ex Ilva, la battaglia politica si fatta più cruenta, soprattutto tra Movimento Cinque Stelle e Fratelli d’Italia, con il bombardamento reciproco e ad alzo zero tra il senatore e vicepresidente dei pentastellati, Mario Turco, e il deputato meloniano, Dario Iaia, proprio sulla mancata assunzione nei tempi previsti dall’accordo ministeriale del 6 settembre del 2018 – scaduto il 30 settembre – di circa 1.600 lavoratori dell’ex Ilva.

Il primo colpo

Ci ha pensato il senatore tarantino dei Cinque Stelle ad aprire il fuoco. «Ancora una volta il governo Meloni ha mancato l’appuntamento con la verità e con le proprie responsabilità, lasciando centinaia di famiglie in una condizione di totale incertezza» evidenzia turco che aggiunge: «Il M5S chiede garanzie concrete. Serve una risposta istituzionale immediata: il ministero delle Imprese e del Made in Italy deve chiarire quali misure intenda adottare per garantire il pieno riassorbimento e la salvaguardia dei diritti occupazionali ed economici di questi lavoratori».

Insomma, Turco chiama in causa il ministro Urso perché faccia chiarezza sul futuro di 1.600 lavoratori che sono rimasti nel limbo occupazionale per quasi sette anni e che attendono di conoscere il proprio futuro lavorativo. Turco annuncia anche la presentazione di una dichiarazione per costringere il ministro a riferire in Parlamento.

La replica

Non si è fatta attendere la risposta della parte avversa. Il deputato Iaia butta la palla nel campo nemico. «Colpiscono le dichiarazioni dei Cinque Stelle sulle responsabilità del Governo per il mancato reintegro dei 1.600 lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria. Stupiscono in quanto provengono da chi si è opposto ad ogni ipotesi di continuità produttiva, da chi ha votato contro i decreti del Governo che ne hanno garantito la sopravvivenza e gli stipendi per i lavoratori, da chi nel febbraio 2020 ha accettato i patti con Arcelor Mittal che prevedevano anche il venir meno dell’accordo con sindacati del settembre 2018 per la reintegrazione dei lavoratori» afferma il deputato meloniano che conclude: «Da una parte si vuole e si lavora per la chiusura della fabbrica, dall’altra si chiede la riassunzione di 1.600 lavoratori. Tutto questo è davvero paradossale».

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