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Taranto

Ex Ilva, ore sette: l’acciaieria si ferma per sciopero. Gli operai chiedono a Giorgetti un incontro

Era da prima dell’accordo con Mittal, nel 2018, che a Taranto nell’acciaieria più grande d’Europa non si vedeva uno sciopero unitario di tale portata e partecipazione. Le tute blu hanno incrociato le braccia per ventiquattro ore, fino alle sette di stamattina, garantendo solo le “comandate”, i turni di lavoro per non fermare gli impianti e causare incidenti.

Non sono mancati momenti di tensione coi vertici della società che gestisce l’impianto. In particolare è stata vissuta come una provocazione l’apparizione dell’amministratrice delegata Lucia Morselli in giubbotto tecnico sulla pensilina davanti alla direzione dell’azienda. La manager è stata fortemente contestata. Tutte le sigle sindacali, Fim, Fiom, Uilm, Usb e metalmeccanici dell’Ugl, sono scese in strada, davanti alla direzione e alle portinerie della fabbrica per chiedere a governo e azienda chiarezza sul futuro: assetto societario, piano industriale, livelli occupazionali e anche sui problemi legati alla scarsa manutenzione: investimenti, piano di rilancio, questione ambientale, sicurezza dei lavoratori.
Il braccio di ferro è iniziato il 28 marzo scorso col mancato accordo sulla cassa integrazione: Acciaierie d’Italia ha avviato la misura per 2500 addetti tarantini per un anno (sono tremila in tutto compresi quelli degli altri stabilimenti). E, aggiungono i sindacati, continua a usare gli ammortizzatori sociali senza neanche avvisare gli operai. Spesso i lavoratori scoprono di essere stati collocati in cassa integrazione solo quando arrivano al posto di lavoro e trovano il badge di ingresso disattivato. «Grandissima partecipazione dei lavoratori, come non se ne vedeva da tempo e paralisi della produzione a Taranto» commentano al termine della protesta i rappresentanti sindacali diretti e dell’appalto insieme alle segreterie dei sindacati. «Non potevamo certo continuare a subire le forme di prepotenza da parte dell’azienda e l’assordante, ingiustificato silenzio del governo».
Dopo la protesta, i lavoratori chiedono la convocazione di un tavolo di confronto permanente al ministero dello Sviluppo economico «per raggiungere una soluzione definitiva attraverso strumenti adeguati ad una situazione totalmente straordinaria come quella tarantina». Per arrivare a un nuovo confronto col ministro Giorgetti e col governo Draghi, i sindacati avvieranno le assemblee per programmare una grande mobilitazione a Roma. «Questa vertenza dura da ormai dieci anni – raccontano i lavoratori in sciopero all’ingresso della fabbrica – ci sentiamo abbandonati dalla politica nazionale e territoriale che ha fatto solo promesse. Ci fermeremo solo quando saranno chiare le sorti della fabbrica e quando sarà cessata l’estenuante incertezza che attanaglia le migliaia di lavoratori diretti, dell’appalto e dei 1700 di llva in amministrazione straordinaria».

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