Il 16 ottobre sciopero in tutti gli stabilimenti di Acciaierie d’Italia, compreso quello di Taranto. L’annuncio è arrivato dai segretari generali di Fim, Fiom e Uilm, rispettivamente Ferdinando Uliano, Michele De Palma e Rocco Palombella. Ai sindacati non è andato giù di non essere stati informati direttamente dei contenuti delle offerte che sono state presentate per l’acquisizione dell’ex Ilva. Al bando hanno partecipato in dieci ma soltanto due hanno optato per l’intero gruppo, la Bedrock Industries e la cordata Flacks Group-Steel Business Europe. La prima prevedrebbe soltanto due mila unità nello stabilimento di Taranto e circa mille negli altri siti.
Nessun incontro
«Riteniamo assurdo il silenzio che viene da Palazzo Chigi – dichiarano – che, nonostante le richieste di incontro da noi avanzate, non ha ritenuto di convocare un tavolo per chiarire le condizioni di chiusura del bando e delle offerte che sono pervenute». Ma non è tutto, altro scoglio è «lo strappo sulla cassa integrazione a causa delle decisioni unilaterali del Governo che di fatto hanno interrotto le relazioni con i sindacati avute fino ad oggi». Per questi motivi i sindacati di categoria hanno organizzato una serie di assemblee da tenersi nei vari siti che si concluderanno con uno sciopero e una manifestazione.
«Intervenga il Governo»
La soluzione migliore secondo Fim, Fiom e Uilm è che «il Governo intervenga con un forte intervento pubblico assumendo la guida degli impianti conducendoli verso la transizione e il rilancio di una fabbrica oramai al collasso». Di fatto il potenziale acquirente, la Bedrock, che offre soltanto un euro per prendersi l’ex Ilva, manderebbe a casa la gran parte dei lavoratori con circa sette mila esuberi, lasciandone in fabbrica soltanto due mila a Taranto e un migliaio tra gli stabilimenti di Cornigliano e Novi Ligure e i vari servizi logistici e commerciali sparsi per l’Italia.
Una prospettiva inaspettata quanto devastante per il tessuto socio-economico che preclude ogni prospettiva per il futuro. Il segretario generale della Fim-Cisl Ferdinando Uliano ha dichiarato «un piano che taglia fuori oltre 7.500 lavoratori non è rilancio industriale ma smantellamento. È un progetto di pura dismissione che genererebbe un dramma sociale senza precedenti». Agli esuberi si aggiungerebbe un impatto devastante sull’indotto, con tagli stimabili attorno al 70%. L’obiettivo dei sindacati non cambia «decarbonizzazione e una produzione che raggiunga i sei milioni di tonnellate a Taranto e due milioni negli stabilimenti del Nord. Non accetteremo scelte che mettano in discussione la sopravvivenza degli stabilimenti e che distruggano occupazione».