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Ex Ilva, l’ultimatum di Urso e riunione rinviata di una settimana: «Ore contate»

Da ancora 48 ore a rivediamoci martedì prossimo. Mentre la gigantesca fabbrica è in silenzio, con l’unico altoforno in attività fermo per manutenzione e quindi a produzione zero, il primo round al ministero delle Imprese sull’ex Ilva si chiude, come previsto, senza clamorosi scossoni e senza decisioni. La riunione, definita «proficua» dai partecipanti e «giornata storica» dal ministro Adolfo Urso, è stata rinviata a martedì prossimo (ci saranno anche i sindacati) con l’impegno di tutti a firmare un accordo di programma interistituzionale. Sarà dunque necessario rinviare la conferenza dei servizi, prevista per domani, per l’approvazione della nuova Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale).

Gli scenari

Due le ipotesi di scenario finora tracciate da governo ed enti locali, con e senza la presenza della nave rigassificatrice. Sia nel primo che nel secondo si parla di almeno 7-8 anni per realizzare i forni elettrici con cui sostituire i malandati altoforni a carbone. Nel caso in cui ci sia accordo per la nave, lo stabilimento di Taranto resterebbe della dimensione attuale, nell’altro caso andrebbe obbligatoriamente ridimensionato, spostando l’impianto di Dri altrove (ne parliamo qui sotto).

«In entrambi i casi – ha spiegato il presidente della Regione Michele Emiliano – si tenterà di far funzionare gli altoforni attuali. Non si sa con quale livello produttivo, perché attualmente sono in grado di produrre acciaio in maniera contenuta anche se ci mettono toppe, perché sono in condizioni pessime. Ma è evidente che il governo non intende interrompere l’attività».

Il braccio di ferro

Sette giorni, dunque, per trovare un accordo partendo da posizioni molto distanti. Al confronto di ieri, col ministro delle Imprese Adolfo Urso, hanno partecipato i commissari di Acciaierie d’Italia e insieme ad Emiliano i sindaci di Taranto e Statte, Piero Bitetti e Fabio Spada, il presidente della Provincia Gianfranco Palmisano e da remoto Giovanni Gugliotti, commissario straordinario dell’autorità portuale Mar Ionio. E proprio Urso Urso aveva aperto i lavori parlando delle ultime 48 ore per decidere, facendo riferimento al verdetto dei giudici milanesi come ad una «sentenza già scritta».

Agli enti locali, il ministro ha sottoposto cinque quesiti, chiedendo l’accordo sul piano di decarbonizzazione (con i suoi tempi), sul polo del Dri, sulla nave rigassificatrice, sull’impianto di desalinizzazione e sulla continuità produttiva nell’ambito dell’Aia, «per salvaguardare posti di lavoro e quote di mercato». «Decidete cosa volete fare – avrebbe detto rivolgendosi in particolare a Taranto – perchè se non decidiamo noi, lo faranno altri. E non possiamo più permettercelo». Impostazione poco gradita dal sindaco Bitetti, che non ha fatto segreto della sua contrarietà alla presenza della nave rigassificatrice in porto.

«È da tempo che il ministro tenta di farlo, ma è troppo semplice passare la palla così, c’è bisogno di fare un discorso serio sul futuro di un territorio di gente per bene, che ha dato tanto in termini di sacrifici e che merita di essere risarcito. Serve un approfondimento per capire se davvero il governo ritiene l’acciaio strategico per il Paese, se intende ancora sacrificare Taranto». Quanto alla sentenza milanese, Bitetti ha ricordato che comunque può essere appellata. Il sindaco ha anche ricordato l’esplosione di Roma per rimarcare i rischi legati alla nave rigassificatrice.

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