Ex Ilva, l’assessora Triggiani: «Decarbonizzazione? Temo che il governo voglia fare altre scelte» – L’INTERVISTA

Sulla Vis per il siderurgico di Taranto pare esserci un solo modo per rendere appetibile l’impianto. Arrivare a produrre 8 milioni di tonnellate, ai dati attuali di mercato, appare sovradimensionato mentre, nonostante le rassicurazioni degli esperti, resta un’incognita l’impatto ambientale sul territorio. Cosa si può fare allo stato attuale?

«Con il Pear ci sono chiare indicazioni a riguardo delle future politiche di utilizzo del polo siderurgico tarantino che può essere punto di riferimento solo in una visione condivisa di fruizione secondo il piano che sosteniamo da tempo e che prevede, in primis, il processo di decarbonizzazione dell’acciaio, richiesto dall’Ue e contenuto proprio nel Pear. Un piano da perseverare senza incidere sulla salute dei cittadini, dei lavoratori e dell’ambiente di un territorio già fortemente ferito e violato».

Quindi, la decarbonizzazione resta l’unica soluzione per coniugare livelli produttivi, salvaguardia del territorio e tutela della salute dei cittadini?

«Come ho avuto modo di sottolineare in varie occasioni nella ripartenza del siderurgico tarantino resta irrisolta la questione cruciale di coniugare il modello di produzione con la salute di lavoratori e dei cittadini e con la salubrità dell’ambiente. Tuttavia, siamo ancora in attesa di un progetto industriale discusso e condiviso che accompagni la graduale conversione degli altiforni del siderurgico verso un’alimentazione da fonte energetica alternativa al carbone. Temo però che il governo punti solo a rendere appetibile lo stabilimento per i futuri acquirenti e lasciare l’area a caldo alimentata esclusivamente a carbone».

Il tema del consumo di suolo non è solo riferito all’impianto siderurgico ma riguarda anche le prospettive delle fonti alternative. Al momento per gli impianti energetici pendono richieste per circa 90 giga, tutti all’interno nella legge nazionale 199. La Puglia ha una capacità di circa 7 giga, dato che potrebbe raddoppiare entro il 2030 con uno sforamento della quantità di GigaWatt che la Puglia è chiamata a produrre. La Regione come intende muoversi?

«Il tema del consumo di suolo e l’attenzione su questo tema e contenuta anche nel Piano energetico ambientale regionale (Pear, ndr) il cui aggiornamento è stato pochi giorni fa adottato in giunta. Sul tema del consumo del territorio ho espresso sin dal nascere del disegno di legge regionale la necessità che sia contemperato lo sviluppo delle rinnovabili con l’identità peculiare del paesaggio e dei paesaggi di Puglia, dell’ambiente con i suoi habitat…»

…e come replica alle recenti osservazioni della professoressa Barbanente?

«Premetto che in ogni mia azione e in quella della giunta regionale è stata chiaramente espressa, sin dal nascere del disegno di legge regionale, la posizione di mantenere ferma la tutela ecologica rappresentata dal Pptr (Piano paesaggistico territoriale regionale), come hanno fatto notare nelle osservazioni giunte alla legge dagli esperti della materia, compresa la professoressa Barbanente. Preciso che nessuno vuole svendere il territorio, ma stiamo cercando di trovare la quadra per tenere insieme impianti e tutela paesaggistica…

…come?

«Magari con il potenziamento di vecchi impianti e con riduzione di taglia, ovvero impianti di piccole dimensioni».

La partita sulle fonti rinnovabili perché è così accesa? Interessi delle lobby? Settore animato da speculatori, predoni e imprese senza scrupoli? Mancanza di regole certe o regole troppo aperte? E come ci si può difendere da quest’assalto?

«Lo sviluppo delle fonti alternative è un bene per il pianeta, non deve essere oggetto di predazione di nessun genere, ma coinvolgere tutti nel raggiungere il risultato di eliminare le fonti inquinanti: certo, per fare questo ci vogliono regole, ci vuole tutela del territorio e dell’ambiente e rispetto degli ecosistemi a terra e in mare. Anche questo chiedono le norme europee, soprattutto alla luce della recente legge europea “restoration law” sul ripristino degli habitat necessari per contrastare i cambiamenti climatici».

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