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Ex Ilva, a Roma l’incontro tra Urso e sindacati: si riapre la gara per la vendita

Tutto da rifare o quasi. Il piano industriale del governo, che è venuto fuori ieri a Roma durante un incontro decisivo sull’ex Ilva (con sindacati e ministro), prevede un'altra gara. Si ricomincia da capo. La bozza per far rinascere Acciaierie d'Italia è chiara: per garantire la continuità operativa dell'azienda è necessario produrre 8 milioni di…
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Tutto da rifare o quasi. Il piano industriale del governo, che è venuto fuori ieri a Roma durante un incontro decisivo sull’ex Ilva (con sindacati e ministro), prevede un’altra gara. Si ricomincia da capo. La bozza per far rinascere Acciaierie d’Italia è chiara: per garantire la continuità operativa dell’azienda è necessario produrre 8 milioni di tonnellate l’anno. E il ministro delle Imprese Adolfo Urso annuncia la riapertura dei termini della gara per l’acquisto dell’ex-Ilva.

È cambiato tutto dai tempi di Baku Steel e dunque rientrano in gioco tutti i pretendenti. «Ottobre potrà essere il mese per la chiusura del bando di gara, poi bisognerà passare per l’antitrust e la normativa golden power», avrebbe detto ieri il titolare del Mimit, sottolineando che «se tutto andrà bene, la fase si concluderà all’inizio del 2026 con il definitivo passaggio al nuovo investitore».

La decarbonizzazione

Nell’incontro di ieri si è discusso della bozza del Piano di decarbonizzazione inviato ai sindacati. Il documento, oltre a indicare un programma per il ripristino della marcia a tre altiforni a partire da fine marzo 2026, fissa la necessità di garantire una produzione «fino a 8 milioni di tonnellate annue di acciaio, in coerenza con quanto previsto nella richiesta di rinnovo dell’Aia presentata dall’azienda per il sito produttivo di Taranto», per garantire la continuità operativa di tutti i siti produttivi del gruppo Acciaierie d’Italia, tutelare i livelli occupazionali e rispondere alle esigenze del mercato nazionale ed europeo.

I forni elettrici

Per arrivare a tutto questo è prevista la costruzione di quattro forni elettrici: tre presso il sito di Taranto, per una capacità produttiva complessiva di 6 milioni di tonnellate annue, e un forno elettrico presso lo stabilimento di Genova, con una capacità di circa 2 milioni di tonnellate annue, a servizio delle unità produttive del Nord. Si prevede poi la realizzazione di Dri, fino ad un numero pari a quattro e localizzati a Taranto, per alimentare fino a tre forni elettrici di Taranto ed un forno elettrico di Genova.

Il dissequestro

C’è anche da sbloccare l’altoforno 1, posto sotto sequestro dalla Procura dopo l’incendio. La data indicativa per il dissequestro è prevista per il 15 settembre. I sindacati hanno tenuto a ribadire che non era il tempo di parlare di occupazione. Tanti i dubbi. Rocco Palombella della Uilm ha chiesto: «Finirà il calvario per cinquemila lavoratori in cassa integrazione?».

«Serve un capitale pubblico che gestisca la garanzia della transizione verso la decarbonizzazione, con le lavoratrici e i lavoratori», ha aggiunto Michele De Palma, segretario generale Fiom Cgil. Oggi altra giornata decisiva a Roma.

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