Tutti in campo per cercare una soluzione unitaria sull’ex Ilva. Ieri, al Consiglio di fabbrica convocato da Fim, Fiom, Uilm e Usb per fare il punto sulla situazione, in particolare sulle comunicazioni ricevute dal commissario straordinario Giancarlo Quaranta, hanno partecipato il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e il sindaco di Taranto, Piero Bitetti. Quindi, si sono fatti sentire anche i vescovi di Puglia.
«Scelte chiare»
«Riteniamo non più rinviabile una scelta chiara e definitiva sulle modalità con cui garantire, ora e in prospettiva, la continuità produttiva dello stabilimento». Così la Conferenza episcopale pugliese, riunita a Molfetta, ha fatto propria «la preoccupazione espressa dall’arcivescovo di Taranto, mons. Ciro Miniero». I vescovi manifestano «vicinanza ai lavoratori dell’ex Ilva, oggi segnati da incertezze profonde sul futuro occupazionale».
Nella nota vengono richiamati «gli studi scientifici e le perizie disposte dalla magistratura» che «confermano l’urgenza di superare un modello industriale ormai obsoleto e ancora gravemente lesivo della salute dei lavoratori e dei cittadini, in particolare di quanti vivono nei quartieri più esposti alle ricadute ambientali». I vescovi pugliesi lanciano quindi un appello alle istituzioni e alla politica: «Il tempo dell’attesa si è esaurito e ogni ulteriore rinvio prolunga un’agonia ingiustificabile».
Bocciatura del Piano Corto
Tornando all’incontro, il Consiglio di fabbrica ha bocciato senza appello il cosiddetto «piano corto», definendolo «una minaccia concreta alla continuità produttiva e al futuro dello stabilimento». La richiesta al Governo è perentoria: ritirare immediatamente il piano e convocare un tavolo negoziale a Palazzo Chigi che sia finalmente risolutivo.
L’intesa locale
Contestualmente a questa presa di posizione netta, è maturato un accordo a livello locale che rappresenta un’inedita convergenza d’intenti. I sindacati metalmeccanici e le istituzioni territoriali (Comune e Regione in primis) hanno siglato un verbale d’intesa che fissa una linea comune per il futuro del siderurgico. Il documento delinea un percorso alternativo e più ambizioso rispetto alle proposte ministeriali: superamento graduale del ciclo integrale a carbone, sì, ma attraverso un piano industriale sostenibile che prevede la realizzazione di 3 forni elettrici e 4 impianti Dri (Direct reduced iron), essenziali per la produzione di acciaio «verde» senza rinunciare ai volumi produttivi e, soprattutto, ai livelli occupazionali.
Prospettive e appelli politici
Questa intesa locale, sebbene non vincolante per il Governo centrale, assume un peso politico rilevante e fornisce una piattaforma unitaria da portare all’attenzione della premier Giorgia Meloni.
La vertenza rimane quindi in un equilibrio precario: da un lato l’unità d’intenti locale che cerca di tracciare un futuro industriale credibile e sostenibile, dall’altro lo scontro frontale con Roma sulle modalità di gestione della transizione. La crisi, intanto, miete vittime anche nell’indotto, dove si moltiplicano gli annunci di licenziamenti, rendendo l’urgenza di una soluzione non più procrastinabile.










