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Ex Ilva, al via la riunione non-stop col Governo. Il ministro Urso: «Sarà decisiva»

Si giocherà oggi un passaggio cruciale per il futuro dell’ex Ilva di Taranto. La riunione convocata al Ministero delle Imprese e del Made in Italy è stata definita dal ministro Adolfo Urso «decisiva», tanto da essere organizzata come un incontro “no stop”, pronto a protrarsi fino a tarda notte pur di giungere a una sintesi.…
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Si giocherà oggi un passaggio cruciale per il futuro dell’ex Ilva di Taranto. La riunione convocata al Ministero delle Imprese e del Made in Italy è stata definita dal ministro Adolfo Urso «decisiva», tanto da essere organizzata come un incontro “no stop”, pronto a protrarsi fino a tarda notte pur di giungere a una sintesi. Il nodo resta quello della sopravvivenza dello stabilimento, stretto tra una crisi industriale senza precedenti, tensioni ambientali e un’emergenza occupazionale esplosiva. La posta in gioco è altissima, come ha ricordato lo stesso Urso: «La conferenza dei servizi tecnica è stata convocata per giovedì, per il rilascio dell’Aia e incombe la sentenza al tribunale di Milano che, ove non ci fosse un’Aia sanitaria e ambientale condivisa dagli attori, inevitabilmente dovrebbe decidere per la chiusura dello stabilimento».

In Senato

La complessità della vicenda si intreccia anche con le novità normative introdotte dal recente decreto legge sull’ex Ilva, sul quale il Servizio Bilancio del Senato ha posto l’attenzione. In particolare, l’articolo 5 del decreto prevede una «disciplina speciale per la cessione del contratto di acquisto di complessi aziendali» nel caso in cui il contratto precedente sia stato oggetto di risoluzione o annullamento. La norma apre alla possibilità di subentro di un nuovo acquirente, anche «a controllo pubblico». Una possibilità che ha spinto gli esperti del Senato a chiedere maggiore chiarezza: «Pur trattandosi di norma di carattere procedurale, posto che si prevede la possibilità di subentro nell’acquisto di grandi imprese in crisi da parte di soggetto anche a controllo pubblico, sarebbe utile acquisire maggiori informazioni circa tale possibilità in relazione al soggetto che potrebbe essere concretamente coinvolto e alle risorse finanziarie che potrebbero essere previste nell’offerta di acquisto».

L’incontro con i sindacati

A sollecitare un’assunzione di responsabilità sono soprattutto i sindacati, che denunciano una situazione al limite dell’insostenibile. Il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, è netto: «Aspettiamo che sia il Governo sia le amministrazioni locali, di Taranto in particolare, si assumano la loro responsabilità, partendo con la salvaguardia dei livelli occupazionali, della produzione, dell’ambiente, senza arrivare alle cose ascoltate in questi giorni, cioè che la chiusura diventa l’obiettivo di qualcuno». Ancora più diretto il leader della Fiom, Michele De Palma: «È ora di smetterla col gioco del cerino perché a bruciarsi sono i lavoratori. In questo momento ogni parte dello Stato deve essere coinvolta per trovare una soluzione che coinvolga tutti». Sul fronte delle risorse, però, il giudizio è unanime: i fondi previsti dal decreto non bastano. «Per far ripartire gli impianti servono risorse e i 200 milioni previsti ad oggi nell’ultimo decreto varato dall’esecutivo non bastano a poter garantire e assicurare il rilancio dell’azienda», ribadisce De Palma. Una posizione condivisa anche da Ferdinando Uliano, segretario generale Fim: «Bisogna costruire tutte le condizioni che consentano il rilancio dello stabilimento e la garanzia occupazionale di tutti i lavoratori, sia dello stabilimento di Taranto, sia dell’indotto, sia di tutti gli stabilimenti italiani. Siamo di fronte al rischio di una bomba sociale vera e propria». Di sicuro, per ora, c’è che tra carte bollate, sentenze pendenti, piani industriali e ambientali ancora incerti, l’ex Ilva resta simbolo di una crisi industriale che rischia di diventare anche crisi sociale.

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