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Ex Ilva al rush finale, chiusa la gara. Urso chiama il vescovo di Taranto: «Futuro solido»

È oggi che si decreta il futuro dell’ex Ilva. Ieri notte allo scoccare della mezzanotte la gara, indetta dai commissari straordinari a fine luglio, è stata chiusa. I giochi sono fatti, nei prossimi giorni si apriranno le offerte. Tre i colossi che hanno presentato un progetto di rilancio: Baku Steel Company, Jindal Internationale e Bedrok. Tre gruppi, uno proveniente da Azerbajian, India e America.

Secondo indiscrezioni, ormai note da tempo, è Baku Steel il gruppo favorito, perché nel corso di questi mesi avrebbe migliorato la sua offerta raggiungendo la cifra di un miliardo di euro e garantendo un assorbimento maggiore della manodopera. Baku è pronto a lasciare in attivo 7.800 persone, anche se in organico ce ne sono duemila in più. Gli esuberi ci sarebbero comunque, ma meno rispetto a Jindal che si sarebbe fermata a 6mila unità.

Urso chiama il vescovo

Intanto i sindacati sono stati convocati a Palazzo Chigi il prossimo 20 febbraio e il ministro ieri a margine della visita ufficiale alla sede Piaggio Aerospace di Villanova d’Albenga ha affermato: «Si conclude la fase di rilancio per quanto riguarda l’assegnazione degli impianti a uno dei tre player internazionali che ha manifestato interesse, sono convinto che anche questo dossier andrà positivamente a soluzione».
Ma la partita è complessa, ci sarà infatti una prima lettura delle offerte e anche una rinegoziazione, non è cosa di pochi giorni. E non è un caso (specie per l’indotto e gli esuberi) che il ministro Adolfo Urso ha chiamato il vescovo di Taranto, Ciro Miniero proprio per parlare di livelli occupazionali, sostenibilità ambientale e il fatidico processo di decarbonizzazione e di riconversione dell’area anche grazie all’insediamento del Techopolo Meditterraneo.

L’Aigi e l’impegno dello Stato

Intanto ieri Aigi (Associazione Indotto AdI e General Industries) ha rilanciato l’importanza della presenza dello Stato e di una riprsa celere, anche perché ad oggi la produzione dell’acciaio è ai minimi storici a Taranto. «Chiunque dovesse divenire il nuovo proprietario dell’ex Ilva – aggiunge in una nota l’associazione – sarà ben accolto. Perché si tratterà, comunque, di una buona notizia da declinare per il prossimo futuro. Per Taranto, per il suo sistema industriale, per un’idea ecosostenibile di sviluppo. Sia Baku Steel Company, Jindal International o Bedrok cambia poco alla fine. Azeri, indiani o americani fa lo stesso, ma chiunque sia, deve avere la capacità di produrre realmente acciaio in Italia con criteri di sostenibilità energetica». Aigi sostiene «che lo Stato debba rafforzare la propria posizione di controllo o come forma di partecipazione societaria o con una robusta golden power. Bisognerà lavorare alacremente nel presente per poter guadagnare il futuro».

I sindacati

Anche i sindacati sono sulla stessa linea, «Servono interventi concreti di politica industriale per rilanciare il settore a cominciare dall’abbattimento del costo dell’energia, potenziare gli investimenti, investire in formazione e ricerca. Inoltre – ha detto il segretario generale della Fim, Ferdinando Uliano, intervenendo al congresso dei metalmeccanici Cisl della Basilicata riferendosi all’ex Ilva – la siderurgia è strategica e lo Stato deve avere un ruolo dentro la governance e l’assetto societario».

Le indiscrezioni

Se le indiscrezioni trapelate saranno confermate Baku (come invece si era ipotizzato) non dovrebbe fare un accordo con Jindal, salvo colpi di scena, anche se non ha le stesse dimensioni, ma è la prima acciaieria moderna del Caucaso e una disponibilità di gas che dall’Azerbajian arriva nella condotta del Salento e approda a Melendugno e ha come alleato Azerbaijan Investiment Company che ha come suo fondatore il governo dell’Azerbajian (le azioni sono al 100%).

Il processo

Infine va ribadito che uno dei principali punti su cui il governo spinge è quello della decarbonizzazione, l’inquinamento a Taranto ha già mietuto vittime e il processo Ambiente Svenduto che si sta tenendo a Potenza al momento ha solo portato all’archiviazione di quella che è la parte politica, gli scendono da 47 a 23. Per questi ultimi, i pubblici ministeri hanno chiesto il rinvio a giudizio. Escono Nicola Fratoianni, leader di Alleanza Verdi-Sinistra, accusato di aver coperto l’ex presidente della Regione Nichi Vendola, nonché l’ex assessore regionale Donato Pentassuglia, che rispondeva di favoreggiamento. Fuori anche l’ex presidente della provincia di Taranto Gianni Florido e l’ex assessore all’Ambiente Michele Conserva, che in primo grado avevano ricevuto una pena a 3 anni per tentata concussione di alcuni dirigenti della Provincia. Prescrizione anche per alcuni dirigenti regionali e per gli ex vertici di Arpa Puglia. Resta tra gli imputati, invece, Vendola: l’ex governatore, nel processo poi annullato, era stato condannato a 3 anni e sei mesi di reclusione per concussione. E poi c’è l’ex dirigente della fabbrica Luigi Capogrosso.

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