Dopo la lettera dei giorni scorsi inviata dalla Cgil al vescovo Ciro Miniero, arriva la risposta sulla crisi della Cittadella della Carità, dove circa cento dipendenti attendono lo stipendio di ottobre.
La diocesi di Taranto annuncia la disponibilità a farsi carico del pagamento degli stipendi ai dipendenti della fondazione. In una lettera indirizzata alle organizzazioni sindacali, l’arcivescovo Miniero scrive: «avendo avuto contezza della situazione critica che la fondazione Cittadella della Carità sta attraversando, al fine di consentire preliminarmente la prosecuzione dell’attività sanitaria nonché l’iter procedurale del concordato preventivo, la diocesi dà la disponibilità al pagamento degli stipendi di ottobre 2025».
Miniero precisa inoltre che si sta lavorando per individuare la forma tecnico-giuridica più idonea «nel rispetto e nella tutela di tutte le parti» e assicura la presenza della curia nel futuro percorso della fondazione. La Cisl Funzione pubblica accoglie con favore la comunicazione definendola «un importante segnale di responsabilità e condivisione» e ribadendo che il sindacato continuerà a vigilare su tutte le fasi concordatarie, «affinché il futuro di Cittadella e dei suoi dipendenti siano salvaguardati».
Nei giorni scorsi Cisl Fp, Fials e Ugl Salute hanno tenuto un sit-in per denunciare i ritardi negli stipendi e l’incertezza sul futuro della struttura. Più critica la Fp Cgil che nella sua missiva al vescovo aveva sollecitato proprio un intervento diretto della curia per restituire stabilità, certezze occupazionali e chiarezza sul piano di rilancio della fondazione.
La procedura
Del caso Cittadella si sta occupando la task force regionale per l’occupazione guidata da Leo Caroli. Il caso, nel frattempo, è finito in tribunale con un piano di concordato che però non convince i sindacati, visto che da tre mesi anche la puntualità dei pagamenti è venuta meno.
Il 24 ottobre scorso l’ultimo incontro sindacale in Cittadella con l’amara constatazione che sono scaduti i termini per le misure protettive per bloccare le azioni dei creditori. Da qui la richiesta al giudice per definire i pignoramenti.
Quel che manca, secondo i sindacati, è un vero e proprio piano di risanamento. I tempi lunghi della procedura in corso contrastano con quelli di mercato e nel frattempo la struttura perde di giorno in giorno anche la capacità organizzativa del lavoro, lasciando nello sconforto i dipendenti. Anche i grandi gruppi del settore che nel recente passato si erano fatti avanti, si sono poi tirati indietro per la complessità della vicenda. «Chi può, va via», dicono i sindacalisti.










