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Braccio di ferro su ex Ilva, domani il confronto ma la firma per la decarbonizzazione è lontana

Inizia un’altra estenuante settimana dell’Ilva. Oggi i consiglieri comunali incontreranno le associazioni del comparto industriale, quelle cittadine ed ambientaliste e domani è previsto un nuovo incontro tra governo ed enti locali sulla firma all’accordo di programma proposto dal ministro delle Imprese Adolfo Urso per la decarbonizzazione degli impianti, firma che sembra sempre più lontana.

Il governo ha riaperto il bando di vendita per l’intero gruppo, scadenza il 15 settembre, con un vincolo alla decarbonizzazione in 7-8 anni installando forni elettrici, ma servono miliardi, da 4 a 12, dicono gli esperti e al momento nel mercato dell’acciaio mondiale non pare esserci alcun gruppo disposto ad investire sull’ex Ilva. Il sindaco Piero Bitetti ricorda a tutti che la priorità «è proteggere la salute dei tarantini, diritto costituzionale incomprimibile» e che serve un decreto ad hoc per Taranto, «perché da soli non ce la faremo». Dall’opposizione in Consiglio, invece, arriva la voce dell’ex candidato sindaco di Fratelli d’Italia Luca Lazzàro, che sposa il piano di decarbonizzazione del ministro delle Imprese Adolfo Urso. «Rappresenta il primo passo di un progetto più ampio: trasformare Taranto in un polo europeo della siderurgia sostenibile», dice. Dal sindacato, l’appello a non mollare il negoziato. «Non lasciate ogni decisione al governo», chiede Francesco Brigati, segretario generale Fiom Cgil a Taranto.

Il braccio di ferro

Urso tiene il punto e conferma l’incontro di domani. Fa sapere di essere disponibile a incontrare prima i sindaci di Taranto e di Statte, Fabio Spada e il presidente della Provincia Gianfranco Palmisano, ove fosse richiesto, prima della riunione, «eventualmente anche in presenza del presidente della Regione Michele Emiliano». L’incontro secondo fonti ministeriali «è confermato nel rispetto dei lavoratori e delle imprese che stanno attendendo le decisioni delle istituzioni. Al termine della riunione, nel pomeriggio si terranno gli incontri già programmati con i sindacati e le associazioni di imprese, locali e nazionali, cui saranno fornite tutte le informazioni necessarie sul piano di piena decarbonizzazione e sul programma di ripresa produttiva degli impianti». Il piano A del governo prevede la costruzione in otto anni a Taranto di tre forni elettrici, quattro impianti per la preriduzione del ferro e l’installazione in porto di una nave gasiera per l’alimentazione di questi impianti. Nel piano B, invece, resterebbero solo i forni elettrici, mentre il polo del Dri andrebbe a Gioia Tauro.

Il no di Taranto

«Ho ricevuto un mandato preciso dagli elettori: cambiare la storia di Taranto eliminando nel più breve tempo possibile le principali fonti inquinanti dello stabilimento siderurgico e creando nuove opportunità di sviluppo», dice il sindaco Bitetti, parlando di una «vicenda maledettamente complessa». Insieme al sindaco di Statte, Spada e al presidente della Provincia Palmisano, Bitetti ha espresso parere negativo sull’autorizzazione integrata ambientale rilasciata dal governo: un permesso alla produzione fino a sei milioni di tonnellate di acciaio all’anno con gli attuali impianti, i vecchi altoforni con tecnologia a carbone, ritenuti pericolosi e inquinanti. Ed anche l’accordo di programma non è stato ritenuto «all’altezza delle aspettative». Bitetti cerca di smarcarsi dal ricatto: «»o firmate o il destino dell’Ilva sarà colpa vostra». «l’Ilva non si chiude solo perché il Comune di Taranto non ha firmato l’accordo di programma», dice il sindaco, che chiede un decreto ad hoc, per proteggere la salute dei cittadini, tutelare l’ambiente e salvaguardare i posti di lavoro, prevedendo per gli esuberi alternative occupazionali credibili.

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