La Ladisa Ristorazione si è correttamente aggiudicata il servizio di ristorazione nella Asl di Taranto. Lo hanno stabilito i giudici del Consiglio di stato (terza sezione), respingendo il ricorso della Vivenda spa (in raggruppamento temporaneo di imprese con la Cooperativa di Lavoro Solidarietà e Lavoro Soc. Coop) e confermando la stessa decisione presa mesi fa dal Tar Puglia. Hanno messo così la parola ‘fine’ al contenzioso e dato il via all’esecuzione dell’appalto.
Il ricorso
Il ricorso di Vivenda era finalizzato ad ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione e di tutti gli atti di gara e il subentro nell’appalto. La procedura, suddivisa in sei lotti, ha un importo complessivo di 372 milioni 398mila euro, più Iva. Per il lotto 6 si era classificata al primo posto in graduatoria la Ladisa con 99,87 punti e, al secondo posto, Vivenda e Solidarietà e Lavoro con 99,40 punti. Per i giudici romani, “l’appello di Vivenda deve essere dichiarato in parte inammissibile e per il resto respinto”. Per numerosi motivi.
I motivi
Innanzitutto la questione della distribuzione delle colazioni, correttamente eseguita dalla Ladisa (assistita dagli avvocati Angelo Clarizia, Luigi D’Ambrosio, Aldo Loiodice e Saverio Sticchi Damiani, Michelangelo Pinto, Pasquale Procacci): i giudici apprezzano “il trasporto delle derrate attraverso appositi carrelli, senza richiedere che i vassoi, trasportati mediante i carrelli, siano recapitati al letto dei pazienti già completamente assemblati: ciò si spiega – aggiungono – con l’esigenza di modularne il contenuto alle specifiche richieste dei destinatari del servizio”.
C’è poi la questione dei mezzi di trasporto, e in particolare di un furgone e-Ducato, che per la Vivenda non sarebbe adeguato perché non ha la possibilità di refrigerare. I giudici rispondono che, come già aveva sottolineato il Tar, non si esclude che possa essere appositamente modificato per consentire l’alimentazione dei carrelli “termorefrigerati”, durante il trasporto.
Le conclusioni
Un altro punto contestato era la parte dell’offerta relativa al costo del personale: “i rilievi formulati risultano fondarsi su ipotesi valutative, alquanto generiche e parcellizzate di singole voci di costo e su dati non sostenuti in realtà da alcuna prova. Il giudice amministrativo – concludono – non può procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, che rappresenterebbe un’inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica amministrazione, può solo verificare il giudizio sotto i profili della logicità, della ragionevolezza e dell’adeguatezza dell’istruttoria”.
Per tutte queste ragioni, il Consiglio di Stato respinge il ricorso e conferma la sentenza di primo grado.