Una impiegata tecnica dell’Arsenale militare di Taranto ha diritto a percepire la pensione anticipata e le maggiorazioni contributive perché, dopo aver lavorato a bordo di navi in presenza di amianto, si sarebbe ammalata – stando a quanto accertato da una consulenza – di un carcinoma ovarico.
A stabilirlo è stato il tribunale del Lavoro di Taranto. La giudice monocratica Miriam Fanelli ha condannato l’Inps a pagare in favore della ricorrente, assistita dall’avvocato Fabrizio Del Vecchio, la somma di oltre 58mila euro a titolo di arretrati (dall’1 ottobre del 2018 all’1 luglio 2021, ovvero quando aveva ottenuto la pensione “quota 100”), oltre accessori e rivalutazione con le decorrenze di legge.
Sono stati riconosciuti i benefici pensionistici previsti per il periodo 1993-2003, in aggiunta a quelli già riconosciuti dall’Inail per il periodo 1979-1992.
La sentenza
«Dalla documentazione in atti – scrive la giudice nella sentenza – si desume che nel periodo successivo al 1992, per cui la ricorrente chiedeva il riconoscimento dell’esposizione», la stessa «continuava a svolgere le medesime mansioni per cui l’Inail [con sentenza del 10 settembre 2019, ndr] aveva già riconosciuto l’esposizione qualificata ad amianto». Sotto tale profilo, «la ricorrente – è detto ancora nella sentenza – risulta aver lavorato come impiegata tecnica nel settore navalmeccanico dal 1984 al 2012 e il curriculum lavorativo della ricorrente non evidenzia alcun mutamento di mansioni». Vi è inoltre prova del requisito «della natura professionale della malattia – sottolinea il giudice del Lavoro – da cui è affetta la ricorrente, quale conseguenza dell’esposizione protratta ad amianto già dimostrata dalla stessa anche per il periodo 1993-2003».
Le risultanze della consulenza medica «consentono di affermare – si aggiunge – che la neoplasia ovarica diagnosticata alla ricorrente può essere posta in connessione (quantomeno) concausale con l’esposizione ad amianto avvenuta nel corso dell’attività lavorativa espletata dalla stessa dal 1979 al 2013».