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Sviluppo e Lavoro Taranto

Taranto, cresce la preoccupazione dei sindacati per l’ex Ilva: «È a rischio. Ci autoconvochiamo a Roma»

«L’ex Ilva è a rischio, ci autoconvochiamo a Palazzo Chigi». Dopo i leader metalmeccanici nazionali, anche i segretari locali di Fim, Fiom e Uilm, Biagio Prisciano, Francesco Brigati e Davide Sperti, confermano che martedì prossimo saranno a Palazzo Chigi, per chiedere di discutere del futuro della fabbrica, nonostante la presidenza del Consiglio abbia aggiornato l’incontro all’undici novembre, per via della concomitante riunione del Consiglio dei ministri sulla Manovra.

Secondo i sindacalisti tarantini, Acciaierie d’Italia (la società che gestisce gli impianti, finita in amministrazione straordinaria) rischia di non garantire più la continuità produttiva allo stabilimento e «l’utilizzo della cassa integrazione, anche per gli operai addetti alla manutenzione, mette seriamente a rischio il piano di marcia anche rispetto alla ripartenza dell’altoforno 2». La fabbrica marcia con un solo altoforno, infatti. Il numero 2 dovrebbe essere riattivato a marzo 2026, dopo aver ricevuto importanti interventi manutentivi, come il rifacimento del crogiolo.

Le preoccupazioni

Secondo i sindacalisti, «la situazione attuale è preoccupante e non dà alcuna garanzia alla transizione ecologica. Senza interventi nell’immediato e con l’utilizzo della cassa integrazione, elevata a 4.450 addetti per tutto il gruppo (oltre 3900 solo a Taranto n.d.r), si determina un rallentamento delle attività, dovuto agli squilibri finanziari che vanno ad intaccare i costi fissi».

Per i sindacati «la grave contrazione produttiva compromette anche la tenuta del sistema delle aziende dell’appalto, con il rischio concreto di nuovi problemi relativi ai pagamenti».

A tutto ciò si aggiunge la difficile situazione dei lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria, rimasti da sette anni in cassa integrazione a zero ore. Sono 1.600 addetti che, secondo la clausola di salvaguardia prevista dall’accordo del settembre 2018, dovevano essere riassunti da ArcelorMittal o da Acciaierie d’Italia, circostanza che non è avvenuta. Di recente i sindacati sono tornati a chiedere il rispetto di quella clausola.

Il futuro della fabbrica

L’ex Ilva è un gigante malato che perde decine di milioni di euro al mese. Per i sindacati, infatti, «ci sono problemi di risorse finanziarie legati alla gestione commissariale che il governo deve tenere necessariamente in conto. Non si può pensare di continuare a rinviare la discussione». I timori sulla tenuta sono acuiti dal bando lanciato, poi fermato e dopo rilanciato dal ministro delle Imprese Adolfo Urso per rilevare gli impianti del gruppo. Nessuna realtà siderurgica mondiale ha risposto alla chiamata e l’offerta migliore, a quanto pare, arriva da un fondo speculativo americano. Secondo i sindacati, tuttavia, le offerte per l’acquisizione degli stabilimenti sono «inconsistenti e inaccettabili». Quella ritenuta migliore, del fondo Bedrock Industries, prevede, secondo quanto trapelato esuberi consistenti, nell’ordine di oltre il 60 per cento della forza lavoro.

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