Spesso neanche il nord Italia riesce a soddisfare le esigenze dei giovani che decidono così di vivere e lavorare in un altro Stato. Questo è il caso di Carla, giovane tranese, laureata in Lettere Moderne all’Università degli Studi di Bari e in Comunicazione per l’impresa, i media e le organizzazioni complesse all’Università Cattolica di Milano.
Dopo una breve esperienza lavorativa nella città meneghina, prova un’attività di volontariato in Spagna che le cambia la vita. Soprattutto lavorativa. «Dopo la laurea triennale – spiega – desideravo fare un’esperienza al nord perché pensavo che Bari non mi avrebbe dato le opportunità che cercavo. In realtà, mi sbagliavo perché invece oggi credo che sia una città giusta per crescere e studiare. Ci sono tanti eventi culturali importanti, come ad esempio Bifest, molto utili. Così, da questo mio desiderio, mi sono trasferita a Milano. Qui l’esperienza, però, di vita e di lavoro, non è andata come speravo».
Secondo Carla, la Milano dei sogni di qualche anno fa non esiste più, «quella città ideale dei nostri genitori è un ricordo ormai passato». Così, Carla parte per la Spagna come volontaria in una Ong. Non è Milano, ma è questa esperienza a farle trovare la sua scintilla. «Attualmente mi occupo di educazione: sono content editor e community coach in Team Labs, realtà in partnership con l’università Mondragon, il centro cooperativo più grande del mondo».
Vivere e lavorare a Barcellona permette alla tranese di capire che cosa manca all’Italia per mantenere i suoi giovani e non farli andare via. «Io credo – dice Carla – che il problema sia tutto culturale. La Spagna da anni, rispetto all’Italia, accoglie più migranti dal Sud America. Questo movimento di culture e idee è alla base di nuove riflessioni politiche, sociali e pedagogiche. Devo ammetterlo: questa ricchezza non l’ho vista in Italia. Ed è proprio a causa di questi scambi culturali che anche il mondo del lavoro è diverso. La Spagna non è più ricca dell’Italia, anzi ha un Pil più basso e anche il tasso di disoccupazione è alto. Ma in Spagna sono evidenti gli sforzi dello Stato di cambiare la situazione. Ad esempio, c’è il salario minimo (per cui è previsto un aumento dell’8% per il 2023, ndr) e l’obbligo per i datori di lavoro di procedere con i contratti a tempo indeterminato».