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Nessun piano aziendale e il governo scarica sul sindaco: «Quale futuro per Cerano?»

Preoccupa la mancanza di risposte concrete sul futuro della centrale elettrica di Cerano. All’indomani della messa in mora da parte dell’autorità portuale, che pare non intenzionata a concedere per il 2024 la proroga dell’uso del porto per la movimentazione del carbone, resta ancora da capire quali progetti ha il governo per l’hub, che una volta…

Preoccupa la mancanza di risposte concrete sul futuro della centrale elettrica di Cerano. All’indomani della messa in mora da parte dell’autorità portuale, che pare non intenzionata a concedere per il 2024 la proroga dell’uso del porto per la movimentazione del carbone, resta ancora da capire quali progetti ha il governo per l’hub, che una volta rappresentava un fiore all’occhiello dell’industria italiana.

I sindacati perdono sempre più fiducia nella reale possibilità di decarbonizzazione del sito. Per Antonio Macchia, segretario di Cgil Brindisi, «A distanza di oltre un anno dalla sua istituzione e due riunioni all’attivo, è desolante dover ammettere che il comitato per il coordinamento della riconversione della centrale di Cerano non fornisce alcuna risposta concreta per il territorio. Non un progetto finanziato, neanche un percorso tracciato, un disegno di politica industriale. Anzi, ribalta il problema della fine dell’era del carbone su Brindisi a cui chiede, a tempo ormai scaduto, un piano territoriale per fronteggiare il phase out dal carbone».

La decisione di chiudere le centrali termoelettriche risale al 2017, ma ad otto anni di distanza la Federico II è avviata alla dismissione (si dovrebbe spegnere a dicembre 2025) con le drammatiche conseguenze occupazionali sotto gli occhi di tutti. «Il governo – dice Macchia – non ha ad oggi né un piano né una idea per risarcire Brindisi del disastro economico in arrivo».

Per Cgil è a rischio di implosione l’intero sistema industriale brindisino e il governo deve «sbloccare i progetti già pronti e dare priorità straordinaria a Brindisi per dare risposte rapide allo smantellamento in corso del settore energetico». Anche Usb è delusa dalla riunione romana del comitato per Cerano. «Mancano una politica energetica nazionale e proposte in linea per tenere insieme occupazione e ambiente».

Sono in ballo quasi 800 famiglie, tra i 277 dipendenti diretti di Enel a cui si aggiungono i lavoratori dell’indotto. Per Usb, dalle istituzioni non sono arrivati «segnali sulla questione ambientale e su un piano di riqualificazione che tenga insieme problema occupazionale e ambiente. Enel al momento non ha presentato alcun piano industriale». Resta ottimista, invece, il deputato di Forza Italia Mauro D’Attis, per il quale «affidare le attività di coordinamento del tavolo al sindaco Marchionna e al Comune di Brindisi è un primo passo verso la sintesi. Per farlo, però, è necessario che Enel presenti nel suo piano industriale proposte di conversione credibili per il futuro di un territorio che ha dato tanto in termini di contributo al Paese».

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