Da un lato quasi 27 milioni di investimenti e commesse direttamente da colossi come Mazda e Ferrari, dall’altro incentivi all’esodo e accordi di prepensionamento per dirigenti e impiegati. È la situazione che riguarda lo stabilimento Magneti Marelli di Bari, come rivelato durante l’ultimo incontro nazionale tra il management dell’azienda e i sindacati.
In tutta Italia sono previsti 550 esuberi (a Bari non si sa ancora quanti saranno) tra il personale indiretto, cioè le unità non direttamente collegate alla produzione, come dirigenti, quadri intermedi e impiegati. Ma nessuno sarà licenziato, come si tiene a specificare: 350 dipendenti saranno “accompagnati” alla pensione anticipata, altri 200 saranno incentivati all’esodo. Tutto su base volontaria.
«Il problema dello stabilimento barese – dice Ciro D’Alessio, segretario Fiom Bari – è che abbiamo una fabbrica divisa in due: da una parte ci sono i lavoratori che si occupano dei motori endotermici (destinati a scomparire entro il 2035), dall’altra quelli impiegati nell’elettrico, che stanno subendo la crisi per la mancanza dei semi-conduttori». Quello che i sindacati chiedono in coro è che «si inizi a fare i famosi “travasi”, cioè dare la possibilità ai dipendenti dell’endotermico di passare, dopo un periodo di formazione, ai motori elettrici. Perché da qui a poco i motori a benzina e diesel non avranno una prospettiva».
Anche Magneti Marelli, big dell’automotive, è una delle aziende che dovrà fare investimenti mirati nella riconversione delle produzioni, come sostengono le organizzazioni di categoria: «Questi 27 milioni di investimenti vanno bene, purché siano finalizzati alla riconversione dell’azienda, cioè a far sì che la Magneti Marelli di Bari abbia un futuro verso le nuove tecnologie», aggiunge D’Alessio.
«Accogliamo con favore questi investimenti che in parte limitano la capacità sovraproduttiva del sito barese – dice Riccardo Falcetta, Uilma Metalmeccanici Puglia – e contiamo, nelle riunioni tecniche che saranno fatte a livello territoriale, di cercare di limitare l’utilizzo della cassa integrazione nel settore legato agli iniettori a benzina», ancora in profonda crisi.










