Indotto Acciaierie d’Italia, i sindacati scrivono ai ministri: «Subito un incontro a Roma col Governo»

La decisione di interrompere i rapporti d’appalto con 145 imprese dell’indotto (45 di Taranto con circa duemila operai impiegati) da parte di Acciaierie d’Italia, almeno fino a metà gennaio secondo fonti sindacali, stravolgerà l’agenda politica del governo Meloni.

La partita del siderurgico di Taranto, d’altronde, è uno di quei dossier passati in consegna dal precedente governo su cui Mario Draghi non era riuscito a trovare una quadra.

Il rinvio di un anno dell’aumento di capitale da parte dello Stato, ha lasciato la governance della società in mano al socio privato, ArchelorMittal Italia, ma soprattutto una crisi di liquidità. I segnali erano evidenti già da qualche mese, con i pagamenti alle ditte sempre più in ritardo e lavoratori lasciati senza stipendio. Ora, trovare la quadra, non sarà semplice. È evidente che la dirigenza di Acciaierie d’Italia si aspettasse un aiuto concreto dal Governo già in occasione del decreto Aiuti quater.

I sindacati provano ad anticipare le dinamiche politiche chiedendo un immediato incontro ai ministri delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e del Lavoro, Marina Calderone. L’intenzione di Cgil, Cisl e Uil è quella di convincere l’Esecutivo a non assecondare le richieste dell’azienda ritenuta, di fatto, un interlocutore poco credibile nell’ottica del rilancio del siderurgico. Intanto si susseguono le prese di posizione da parte del mondo politico.

Il consigliere regionale del Partito Democratico, Fabiano Amati, parla di un «omicidio già eseguito» da parte di ArcelorMittal per «pretendere liquidità dal Governo». L’esponente dem ricorda come «in Francia la società si approccia a gestire gli stabilimenti in nome della decarbonizzazione e con un rapporto di collaborazione con lo Stato mentre in Italia pretende di avere dalle tasse dei cittadini la liquidità necessaria a produrre».

Dall’altra sponda del Consiglio regionale pugliese, anche Giacomo Conserva, capogruppo della Lega, definisce inaccettabile l’atteggiamento di Acciaierie d’Italia. «Rischia di creare una vera e propria emergenza occupazionale e sociale – sottolinea – mettendo a rischio un intero comparto economico con almeno duemila lavoratori interessati. Un atteggiamento irrispettoso nei confronti del territorio che arriva, tra l’altro, senza nessuna valida motivazione. Non voglio minimamente pensare all’idea – prosegue il consigliere regionale – che qualcuno, forse, sia intenzionato ad utilizzare i lavoratori per cercare di pressare il Governo centrale al fine di utilizzare quel miliardo di euro indirizzato all’azienda dall’ultimo decreto Draghi per sanare importanti debiti scaturiti da una mancanza di programmazione e pianificazione industriale. Nessuno – conclude Conserva – giochi sulla pelle dei lavoratori e delle imprese dell’indotto, che già in vivono una difficile situazione a causa dei ritardi nei pagamenti e della mancanza di liquidità».

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