Ex Ilva, stop ad Afo 2 per manutenzione. Meloni alle strette: «Spieghi cosa vuole fare»

Lo stop di Afo 2 annunciato da Acciaierie d’Italia a partire da oggi, per attività di manutenzione, accende di ulteriori attese l’assemblea dei soci che tornerà a riunirsi mercoledì prossimo. Mentre i sindacati continuano ad invocare la nazionalizzazione della fabbrica, il governo continua a prendere tempo prima di uscire allo scoperto con un progetto, sulla base probabilmente del memorandum sottoscritto da Raffaele Fitto e ArchelorMittal.

Sul tema alcuni senatori hanno presentato ieri una interrogazione al presidente del Consiglio, primo firmatario Andrea Martella (Pd), chiedendo chiarezza su quale strada si voglia intraprendere. Le possibilità sono sostanzialmente due: o trasformare entro il 31 dicembre i 680 milioni di prestito in un aumento di capitale, il che porterebbe la maggioranza delle quote societarie nelle mani di Invitalia, o stanziare due miliardi di euro a valere sul Repower Eu così come Fitto avrebbe garantito alla multinazionale indiana nel memorandum. In questa seconda ipotesi, però, resta una grande incognita: quali sarebbero gli impegni che la controparte privata dell’accordo fa propri in cambio di un così sostanzioso contributo economico dello Stato, che andrebbe ad aggiungersi a quello già profuso in questi anni. Un punto interrogativo intorno al quale ruotano tutti gli scenari sul futuro dell’ex Ilva.

Nel frattempo cresce la preoccupazione nei lavoratori che, con il blocco del secondo altoforno a partire da oggi e per una settimana, vedono dimezzarsi il potenziale produttivo attuale dell’acciaieria. La Uil parla di punto di non ritorno. «A luglio era stato già fermato Afo 1 e con la fermata di Afo 2 resterà in marcia un solo altoforno con il rischio, fra l’altro, di problemi di sicurezza impiantistica per lo stabilimento», ricordano Guglielmo Gambardella, responsabile nazionale Siderurgia della Uilm, e Davide Sperti, segretario Generale Uilm Taranto. «Con questa decisione, di fatto, l’ex Ilva di Taranto sarebbe ferma se si considera che la quasi totalità dell’area a freddo è già ormai da tempo quasi completamente inattiva», sottolineano i due sindacalisti. L’Usb intanto ha annunciato l’organizzazione di una manifestazione nazionale a Taranto.

«Se il Governo cederà al ricatto di ArcelorMittal, svenderà il futuro del nostro Paese, perché oggi parlare di ex Ilva significa parlare di un paese intero», affermano dal sindacato di base.

«L’azienda va nazionalizzata subito. E non è un vezzo ideologico: questa oggi è l’unica soluzione che può salvare un azienda in cui il socio privato, che oggi detiene la maggioranza, si è sempre sottratto alla responsabilità ed al rispetto degli impegni presi», conclude l’Usb. Un clima sempre più infuocato, dunque, che ancora una volta mette in contrasto la sostenibilità economica e ambientale dello stabilimento con l’intenzione di mantenere i livelli occupazionali attuali. Mentre il futuro in bilico, Acciaierie d’Italia avrebbe inviato ai lavoratori una lettera nella quale annuncia un premio di cento euro a dipendente in caso di riduzione degli infortuni, con misurazione a dicembre e pagamento a febbraio.

A comunicare l’iniziativa è stato Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil. Una iniziativa che a suo dire sarebbe finalizzata a confermare «che la sicurezza e la salute sono legate ai comportamenti dei lavoratori e non agli investimenti. Lettera che, tra l’altro, a nostro avviso, è palesemente sbagliata nei termini e nelle scadenze. Tutto ciò avviene nel momento in cui si stanno decidendo le sorti del Gruppo che potrebbe fermarsi da un momento all’altro. Altro che arrivare a febbraio», conclude Scarpa.

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