Ex Ilva, si fermano le imprese dell’indotto. I commissari al lavoro per certificare i crediti

Scatta da oggi lo stop al mantenimento degli impianti dell’ex Ilva annunciato nelle scorse ore dall’Aigi, l’associazione che raggruppa le imprese appaltatrici che operano nel polo siderurgico di Taranto. Al centro della decisione, l’esito dell’incontro in videoconferenza tra le aziende dell’indotto ex Ilva, Sace, Abi e altri istituti finanziari (organizzato dal Mimit) dal quale non sono arrivate sufficienti garanzie per il recupero dei crediti.

Gli istituti non vogliono caricarsi dei crediti maturati dalle aziende verso Acciaierie perché sostengono che questi crediti non sono certi. Ed è così che Aigi, che raccoglie l’80% delle imprese dell’indotto ex Ilva, è arrivata a decretare lo stop che potrebbe portare anche al blocco completo della produzione. Unico risultato la convocazione di un tavolo finalizzato alla certificazione dei crediti vantati dalle aziende dell’indotto.

I commissari da poco nominati di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria infatti, «nelle prossime ore provvederanno alla costituzione di un tavolo di lavoro finalizzato alla certificazione dei crediti vantati dalle aziende dell’indotto – ha dichiarato in una nota Aigi – La verifica dei crediti – si afferma- era già stata svolta da Aigi con Acciaierie d’Italia prima che quest’ultima fosse dichiarata in amministrazione straordinaria senza pero’ giungere alla certificazione degli stessi. Il tavolo, la cui data di attivazione sarà comunicata nei prossimi giorni, sarà utile anche a ristabilire la collaborazione operativa tra le aziende dell’indotto ed Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria». A questo punto, il peggio potrebbe essere scongiurato solo da un esito positivo dell’incontro tra Aigi e Giancarlo Quaranta, primo commissario straordinario di AdI nominato dal ministro Adolfo Urso. Incontro che, salvo imprevisti, si terrà oggi e che avrà come scopo la certificazione del credito e la condivisione del programma di produzione. «Le aziende dell’indotto aderenti a Aigi, alla luce del perdurare dello stato di crisi che non lascia intravedere alcuno spiraglio di recuperare i crediti vantati hanno deciso di avviare, qualora entro il 6 marzo non dovessero esserci risultanze differenti, le procedure di licenziamento collettivo e la messa in sicurezza delle società – ha aggiunto Greco».

L’aula di palazzo Madama si riunirà invece domani alle 12 per le comunicazioni del Governo sulle missioni in corso e gli impegni internazionali da avviare nel 2024 e per la conversione in legge del cosiddetto decreto Ex Ilva, con disposizioni urgenti in materia di amministrazione straordinaria delle imprese di carattere strategico. Il provvedimento, rafforza, in caso di ricorso all’amministrazione straordinaria, le misure già presenti nell’ordinamento a tutela della continuità produttiva e occupazionale delle aziende in crisi, fra cui l’ex Ilva, e prevede garanzie di cassa integrazione straordinaria durante l’eventuale amministrazione straordinaria. Più nel dettaglio, potranno essere ammesse all’amministrazione straordinaria le imprese che svolgono attività nei settori di interesse strategico in materia di golden power quando, fermo restando il requisito dell’indebitamento, «impiegano un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a 40 da almeno un anno». La proposta, elaborata da FdI (prima firmataria Anna Maria Fallucchi) modifica la normativa sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza prevedendo una deroga (limitatamente alle imprese menzionate) al criterio dimensionale previsto attualmente di almeno 200 dipendenti impiegati da almeno un anno.

Prima ancora della discussione in Senato però non sono mancate le perplessità e le critiche al provvedimento al vaglio dei lavori parlamentari. Primo a lanciare l’allarme era stato il senatore pugliese del Movimento cinque stelle Mario Turco, coordinatore del comitato Economia, Lavoro e Impresa. «Il testo del Dl Ilva che voteremo martedì in Senato è problematico e lacunoso. Della mole di emendamenti presentati dal M5S, buona parte a mia prima firma, è stata accolta solo la possibilità di estendere anche alle micro-imprese (dell’indotto) l’accesso al fondo di garanzia delle imprese più grandi. Pertanto sussistono dubbi sulla possibilità dell’indotto di recuperare i crediti a seguito della scellerata decisione di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria – aveva spiegato il senatore tarantino – Il grande nodo resta anche il futuro dei lavoratori portuali: stralciato l’emendamento, sempre a mia prima firma, che richiedeva di prorogare il funzionamento dell’agenzia per la somministrazione del lavoro in porto e per la riqualificazione professionale. Dal 31 marzo, oltre 300 lavoratori del porto si ritroveranno senza tutele salariali. Come sempre, il governo Meloni si dimostra nemico di Taranto e disattento alle più basilari tutele ed esigenze dei cittadini, come dimostrato dalla recente cancellazione dell’investimento del Gruppo Ferretti».

Se non arriveranno risposte certe nelle prossime ore, dunque, il rischio concreto è che a partire dal 6 marzo potrebbero partire le pratiche di licenziamento collettivo dei dipendenti dello stabilimento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version