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Ex Ilva, indotto ancora fermo: sindacati a Roma. Si lavora per ridurre l’impatto del commissariamento

I ministri Urso e Calderone hanno convocato i sindacati per domani a Palazzo Chigi per individuare una modalità di sostegno per le ditte dell’indotto. Un aggiornamento durante il quale si farà anche il punto sulla trattativa con Mittal con l’obiettivo di arrivare ad un “atterraggio morbido” del commissariamento. Sembra definitivamente archiviata, invece, ogni forma di…

I ministri Urso e Calderone hanno convocato i sindacati per domani a Palazzo Chigi per individuare una modalità di sostegno per le ditte dell’indotto. Un aggiornamento durante il quale si farà anche il punto sulla trattativa con Mittal con l’obiettivo di arrivare ad un “atterraggio morbido” del commissariamento.

Sembra definitivamente archiviata, invece, ogni forma di dialogo con i francoindiani che ieri hanno fatto notare come nessuno del governo abbia risposto alla loro lettera di giovedì scorso in cui si dichiaravano propensi a un accordo per la fuoriuscita da Acciaierie d’Italia. «Accettiamo di essere diluiti al rango di azionisti di minoranza e perdere il controllo congiunto e qualunque potere di veto o casting vote attraverso la conversione dei finanziamenti soci e un’iniezione di capitale da parte di Invitalia», si legge nella lettera che il ceo Aditya Mittal ha inviato a Meloni e Mantovano.

I sindacati, dal canto loro, continuano a premere per la nazionalizzazione. «La priorità è trovare le condizioni per far ripartire l’ex Ilva. Si deve determinare una compagine sociale a guida pubblica che porti fuori l’azienda da questa situazione. Questa è la priorità», afferma Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil.

A Taranto, intanto, non si allenta la pressione delle ditte dell’indotto che continuano a non garantire servizi allo stabilimento. Il timore per l’occupazione e per vedere riconosciuti i propri crediti va di pari passo con quello dei cittadini che temono una ripresa massiccia della produzione e, dunque, delle emissioni industriali. Questa volta sono i medici tarantini a scrivere alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, chiedendo che non sia «sprecata questa ennesima opportunità di affrontare la gravissima crisi dell’ex Ilva» anche sul fronte «della salute dei cittadini di Taranto», dopo «sessant’anni di convivenza con una fabbrica che lascia dietro di sé una scia di morti a causa dell’inquinamento di suolo, aria e acqua. Innumerevoli studi scientifici dimostrano come le sostanze inquinanti di questa industria siano causa di malattie sia per i lavoratori impiegati nella fabbrica, sia per i semplici cittadini. Si stima – sostengono i medici nella lettera-appello al premier – un aumento di tumori respiratori, di accidenti cardiocircolatori, di tumori della tiroide o della vescica, di tumori dell’apparato emopoietico (Studio Sentieri con il suo ultimo aggiornamento, studio Forastiere del 2019), di infertilità e di endometriosi».

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