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Ex Ilva, incontro al ministero tra sindacati e azienda: «No a una nuova Cig senza certezze sugli investimenti»

No alla nuova cassa integrazione straordinaria senza un accordo certo di rilancio della fabbrica, coinvolgendo i ministeri delle Imprese nel confronto. È questa la posizione che Cgil, Cisl e Uil hanno posto sul tavolo dell’incontro interlocutorio di ieri con Acciaierie d’Italia sul rinnovo della cassa fino a 3.000 unità (2.500 nel sito industriale di Taranto).…

No alla nuova cassa integrazione straordinaria senza un accordo certo di rilancio della fabbrica, coinvolgendo i ministeri delle Imprese nel confronto. È questa la posizione che Cgil, Cisl e Uil hanno posto sul tavolo dell’incontro interlocutorio di ieri con Acciaierie d’Italia sul rinnovo della cassa fino a 3.000 unità (2.500 nel sito industriale di Taranto).

La questione posta dai rappresentanti dei lavoratori è la seguente: se è vero che ci saranno importanti investimenti per aumentare la produzione e ammodernare gli impianti, serviranno più lavoratori e non meno. È per questo che prima di firmare qualunque accordo vogliono vederci chiaro. In seguito alle osservazioni dei sindacati l’incontro è stato aggiornato al 23 marzo. Prima di allora le rsu avvieranno il confronto con gli operai nei singoli stabilimenti.

Per la Fiom «è evidente che le previsioni sui volumi produttivi indicate nella procedura, addirittura in riduzione rispetto alla comunicazione precedente (da 16mila a 11mila tonnellate al giorno), il previsto funzionamento per soli tre mesi nel 2023 dell’Altoforno 2, l’incertezza degli investimenti sull’Altoforno 5 e di quelli destinati all’immediata risalita produttiva, delineano l’urgenza e la necessità di un confronto che coinvolga oltre al ministero del Lavoro anche il ministero delle Imprese e del Made in Italy nella definizione di un piano industriale complessivo di Acciaierie d’Italia». «Le esigenze della fabbrica non devono ricadere sui lavoratori», ha sottolineato il segretario nazionale della Fim Cisl Valerio D’Alò.

«Serve un piano industriale credibile che traghetti tutto il gruppo non solo verso la decarbonizzazione ma verso la piena ripresa produttiva – afferma il sindacalista -. Non ci potrà mai essere l’azzeramento della cassa se non si fa risalire la produzione e non si rimettono in marcia gli impianti di finitura, che sono a valle del ciclo produttivo». Sulla necessità di un chiaro piano di rilancio che faccia da “ombrello” a ulteriore cassa integrazione straordinaria preme anche la Uillm. «Mentre l’azienda continua a dichiarare di voler investire, come nel caso dell’Afo 5, e di voler aumentare la produzione – sottolineano Rocco Palombella e Guglielmo Gambardella, rispettivamente segretario generale e responsabile Siderurgia della Uilm – arrivando a 4 milioni di tonnellate quest’anno, la realtà però è diversa ed è drammatica. Registriamo una produzione minima, due altoforni in marcia su tre disponibili, l’Acciaieria 1 a metà servizio, l’Acciaieria 2 fermata stanotte e gli impianti di verticalizzazione in gran parte chiusi. Si rischia di arrivare ben al di sotto delle previsioni produttive, come accaduto lo scorso anno».

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