«Sulla stampa abbiamo letto della possibilità che Deloitte si insedi nelle strutture ex Eataly della Fiera del Levante, prevedendo 1.000 nuovi addetti ad altissima professionalità. È una ottima soluzione che va anche incontro alla necessità di rivitalizzare il quartiere. Un quartiere che accentua progressivamente il suo isolamento e il suo accerchiamento».
A parlare, in merito alla possibilità dell’apertura di uno stabilimento Deloitte, azienda di servizi di consulenza e revisione, la prima nel mondo in termini di ricavi e numero di professionisti, nell’area ex Eataly, colosso della ristorazione, nell’area Fiera a Bari, è Pasquale Ribezzo del Circolo ACLI San Cataldo Marconi.
«A partire dagli anni ’60 – continua Ribezzo – in un quartiere nato come luogo di villeggiatura della borghesia barese con un basso impatto demografico, sono stati compromessi tutti i potenziali spazi di socialità e di servizio. La crescita del quartiere, stretto tra Via Adriatico e il mare, a partire dagli anni ’80 poi è stata tumultuosa e penalizzante. Quella che il compianto Franco Sorrentino immaginava come la futura Manhattan di Bari, infatti, è venuta su come un agglomerato dormitorio senza vita, fatto di ottime architetture ma in un contesto urbanistico molto discutibile se non inesistente. Un ospedale, il CTO, in parte chiuso e comunque sottoutilizzato. Un cinema quasi sempre chiuso. Una Chiesa soffocata dallo sviluppo edilizio. Nessuno spazio per servizi commerciali (un caseificio e supermercato – gli unici – hanno chiuso per l’insostenibilità dei costi di gestione). Nessuno spazio pubblico per il tempo libero. Una contiguità con la Fiera Del Levante, la quale è sempre più in crisi di prospettive, che ha finito con il contagiare il quartiere stesso. La stessa Eataly, peraltro, è stata una iniziativa nata male e vissuta peggio».
A questo, si aggiungono i progetti dell’Amministrazione comunale del parco del faro e del completamento della illuminazione del lungomare. E quelli del nuovo molo di San Cataldo e del porto turistico.
«Tutto questo però – continua – non modifica, anzi accentua l’assedio. Sono progetti che o accresceranno la congestione degli spazi del quartiere o saranno assolutamente indifferenti ad esso. Abbiamo bisogno di individuare una nuova Agorà, sia fisica che virtuale, che divenga il luogo dove si svolge la vita civile e democratica del quartiere, valorizzando le ottime esperienze già in essere nell’associazionismo locale, ma costruendo un luogo di scambio culturale che mantenga i giovani nel quartiere, valorizzi gli abitanti e soprattutto dia uno spazio fisico agli anziani, che non hanno un albero sotto il quale sedersi e chiacchierare al fresco».
Ben vengano aziende del calibro di Deloitte, per ridare qualità e cultura alla comunità locale, e liberi dalla monocultura dei vapori delle pizzerie, dei ristoranti e dei bar, che paiono i soli beneficiari dello spazio urbano.
«In questa direzione – conclude poi Ribezzo – il Circolo ACLI Marconi svilupperà la propria iniziativa nei prossimi mesi coinvolgendo tutti i soggetti pubblici e privati interessati e in sintonia con le iniziative già in essere da alcuni anni».